Con ordinanza n. 23418 del 25 agosto 2021, la Corte di Cassazione torna ad affrontare il tema dei requisiti di validità del patto di non concorrenza. La pronuncia della Corte trae origine dal ricorso proposto da un dirigente bancario che (tra altre rivendicazioni avanzate) aveva impugnato il patto di non concorrenza sottoscritto, ritenendolo viziato, in quanto, essendo il corrispettivo erogato in costanza di rapporto, era aleatorio e comunque incongruo, ciò integrando una violazione del requisito disposto dall’art. 2125 cod. civ. Nel caso di specie, il patto di non concorrenza prevedeva un impegno del dirigente a non svolgere, in determinate regioni del nord e centro Italia, attività o mansioni analoghe a quelle svolte per la Banca per la durata di tre mesi, a fronte di un corrispettivo pari ad 10.000 euro annuali, da corrispondersi annualmente unitamente alla retribuzione mensile.
Il Tribunale di Milano, chiamato a pronunciarsi nel merito, aveva riconosciuto e dichiarato la nullità del patto di non concorrenza, con ciò liberando il dirigente dal pagamento delle penali previste per la sua violazione, condannando però il ricorrente alla restituzione della somma percepita a titolo di corrispettivo. In sede di successiva impugnazione della sentenza, la Corte di Appello di Milano, riformando la pronuncia di primo grado sul punto, dichiarava la validità del patto di non concorrenza, non ritenendo sussistere un vizio (né sotto il profilo della aleatorietà né sotto il profilo della congruità) in ordine alla quantificazione del corrispettivo che, al contrario, poteva, a giudizio della Corte, essere validamente riconosciuto in corso di rapporto unitamente alla retribuzione. Avverso la decisione di secondo grado, il dirigente proponeva ricorso per cassazione.
Continua a leggere la versione integrale pubblicata su Norme & Tributi Plus Diritto de Il Sole 24 Ore.