Nell’ordinanza in commento la conferma dell’orientamento di legittimità teso a differenziare i termini
applicabili alle azioni spettanti ai dipendenti impiegati nell’appalto e quelli invece regolanti le azioni di
recupero contributivo spettanti all’INPS.
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 38151 del 30 dicembre 2022 , è tornata a pronunciarsi in tema di responsabilità solidale negli appalti, confermando il proprio indirizzo secondo cui il termine di decadenza biennale previsto dall’art. 29, comma 2, D. Lgs. 276/2003 non troverebbe applicazione relativamente all’obbligazione contributiva.
Ad oggi, sulla base del tenore letterale della diposizione normativa in questione, i committenti restano obbligati in solido con gli appaltatori per le retribuzioni, le quote di TFR nonché per i contributi previdenziali ed i premi assicurativi, restando escluse le sole sanzioni civili. L’obbligazione solidale permane, per espressa previsione di legge per un periodo di due anni decorrenti dalla cessazione dell’appalto.
Quello sopra descritto è un vero e proprio termine di decadenza.
Nel corso del 2011 e del 2012, tanto il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali quanto l’INPS avevano fornito indicazioni sulla portata di tale disposizione, sposando un’interpretazione letterale della norma e riconoscendo come assoggettata al termine di decadenza biennale anche l’azione di recupero contributivo a carico dell’ente previdenziale.
Secondo le Istituzioni in parola, in pratica, il termine di decadenza biennale si sarebbe dovuto applicare anche alle pretese creditorie dell’INPS nei confronti del responsabile in solido. Decorso il biennio, l’Ente avrebbe pertanto potuto soddisfare la propria pretesa creditoria solo nei confronti dell’obbligato principale entro il termine di prescrizione di cinque anni.
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