Il Ministero del Lavoro, in linea con quanto annunciato alle parti sociali in occasione dell’incontro del 18 novembre 2020, ha emanato, il successivo 19 novembre, la circolare n. 17 esplicativa del dettato normativo che regolamenta l’attività dei ciclo-fattorini (c.d. rider) delle piattaforme digitali.
In particolare, il Ministero ha delineato i caratteri essenziali del Decreto Legislativo del 15 giugno 2015, n. 81, come modificato e integrato dalla Legge del 2 novembre 2019, n. 128, di conversione del Decreto Legge n. 101/2019. Innanzitutto ha precisato, in premessa, che tale normativa si rivolge a due diverse platee di fattorini: da un lato quelli che collaborano con le piattaforme digitali sulla base di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa e dall’altro, quelli che hanno un rapporto di lavoro autonomo.
Con riferimento alla prima platea la circolare ha chiarito che l’eventuale sussistenza di elementi attestanti la cosiddetta etero-organizzazione del fattorino rende operante il meccanismo di cui all’art. 2 del D. Lgs 81/2015 (come interpretato dalla sentenza 1663/2020 della Corte di Cassazione) secondo cui, alla collaborazione si applica la disciplina del lavoro subordinato. Ciò, salvo che non vi siano specifici accordi collettivi stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale che, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore, prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo.
Mentre, con riferimento alla seconda categoria (i.e. quella che riconduce il rapporto nell’alveo del lavoro autonomo) la circolare ha evidenziato che, in mancanza dei requisiti di cui all’art. 2 del D. Lgs. 81/2015, ai fattorini devono essere garantiti i livelli minimi di tutela di cui al Capo V bis del D. Lgs. 81/2015.
Tra questi, l’articolo 47 quater, primo comma, demanda ai contratti collettivi la facoltà di definire criteri di determinazione del compenso complessivo, che tengano conto delle modalità di svolgimento della prestazione e dell’organizzazione del committente. Il secondo comma stabilisce, poi, che in mancanza della stipula di tali contratti, i rider non possono essere retribuiti in base alle consegne effettuate e agli stessi deve essere garantito un compenso minimo orario parametrato ai minimi tabellari. Minimi tabellari, stabiliti da contratti collettivi nazionali di settori affini o equivalenti, sottoscritti dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale. Si prevede inoltre, al terzo comma, che ai medesimi lavoratori deve essere, in ogni caso, garantita un’indennità integrativa non inferiore al 10%, per il lavoro svolto di notte, durante le festività o in condizioni meteorologiche sfavorevoli, determinata dai contratti collettivi, o, in difetto, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
Inoltre, con riferimento alla contrattazione collettiva richiamata dal D. Lgs. 81/2015 il Ministero ha chiarito che i contratti collettivi abilitati a dettare una disciplina prevalente rispetto a quella legale sono, tanto nell’articolo 2, quanto nell’articolo 47 quater, quelli stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Ai fini dell’accertamento del requisito della maggior rappresentatività, secondo il Ministero, deve farsi riferimento: (i) agli indicatori tradizionali definiti dalla giurisprudenza (quali, ad esempio, la consistenza numerica del sindacato, una significativa presenza territoriale sul piano nazionale, la partecipazione ad azioni di autotutela, alla formazione e stipulazione dei contratti collettivi di lavoro, l’intervento nelle controversie individuali, plurime e collettive); (ii) alla partecipazione degli agenti negoziali all’osservatorio permanente istituito dall’art. 47 octies del D. Lgs. 81/2015: (iii) alle parti firmatarie del contratto collettivo nazionale del più ampio settore, al cui interno, in ragione di particolari esigenze produttive ed organizzative, si avverte la necessità di prevedere discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo di determinate categorie di lavoratori.
Se mancano le condizioni sopra descritte, secondo il Ministero, l’accordo collettivo non è idoneo a derogare alla disciplina di legge e, pertanto, risulterà pienamente applicabile – a seconda dei casi – la previsione dell’articolo 2, primo comma, o quella dell’articolo 47 quater, secondo comma, del D. Lgs. 81/2015.
In questo contesto si insinua, visto il recente sviluppo del mercato del delivery food e la recente evoluzione sotto il punto di vista giuslavoristico, il protocollo sperimentale sottoscritto in data 6 novembre 2020, da Assodelivery e CGIL, CISL e UIL presso la Prefettura di Milano.
Con questo protocollo, volto al rispetto della legalità e ai diritti dei lavoratori del settore con lo scopo di costituire un valido contrasto allo sfruttamento lavorativo, le società aderenti a Assodelivery si impegnano, in particolare, a:
- adottare, entro sei mesi dalla sua stipula sia un Codice Etico che Modelli di Organizzazione, Gestione e Controllo ai sensi del D. Lgs. n. 231/2001;
- costituire un albo nazionale di società autorizzate per le consegne degli ordini al fine di operare esclusivamente attraverso dedicate piattaforme di delivery food senza più ricorrere ad aziende terze per reperire i rider;
- vigilare sulle dinamiche lavorative dei rider attraverso un Organismo di Garanzia composto dai rappresentanti delle associazioni datoriali e delle organizzazioni sindacali;
- a comunicare trimestralmente all’Organismo di Garanzia i dati anomali rilevati al fine di riconoscere una soglia di allarme a seguito della quale sarà necessario affrontare ulteriori problematiche e, se necessario, inviare specifiche segnalazione alla Procura della Repubblica.
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