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Stabilità del rapporto di lavoro e maturazione dei requisiti pensionistici (Il Quotidiano del Lavoro – Il Sole 24 Ore, 16 settembre 2015)

La Corte di cassazione, con sentenza n. 17589 del 4 settembre 2015, torna a pronunciarsi sull’articolo 24, comma 4, della legge 22 dicembre 2011, n. 214, precisando che tale disposizione, nel prevedere che «il proseguimento dell’attività lavorativa è incentivato, fermi restando i limiti ordinamentali dei rispettivi settori di appartenenza, dall’operare dei coefficienti fino all’età di settanta anni», non attribuisce automaticamente il diritto al lavoratore a proseguire il rapporto sino a tale età. Nel farlo, la Corte di cassazione sembra contraddire un recente orientamento di segno opposto. Secondo la nuova interpretazione, la norma in esame introduce la mera possibilità che, con l’operare dei coefficienti di trasformazione pensionistici sino fino ai 70 anni, «si creino le condizioni (previdenziali, ndr) per consentire ai lavoratori interessati la prosecuzione del rapporto di lavoro oltre i limiti previsti dalla disciplina del settore», sempreché vi sia un accordo delle parti a tale prosecuzione.
Con la sentenza in commento è stato accolto il ricorso presentato dalla Rai, che chiedeva la cassazione della decisione della Corte d’appello di Milano, la quale aveva riconosciuto l’illegittimità del licenziamento intimato ad un giornalista per il raggiungimento del 65° anno di età e dei requisiti assicurativi e contributivi della pensione di vecchiaia previsti per gli iscritti all’Istituto nazionale per la previdenza dei giornalisti italiani (Inpgi). Seguendo un approccio sistematico, la Suprema corte si è soffermata sui limiti di applicabilità dell’articolo 24, comma 4, legge 214/11 – la disposizione posta a fondamento delle rivendicazioni del giornalista – la quale stabilisce che «per i lavoratori e le lavoratrici la cui pensione è liquidata a carico dell’Assicurazione generale obbligatoria (Ago) e delle forme esclusive e sostitutive della medesima, […], la pensione di vecchiaia si può conseguire all’età in cui operano i requisiti minimi previsti dai successivi commi». Su tale aspetto è stato chiarito che, nonostante l’ambiguità dell’espressione normativa, tra le forme esclusive e sostitutive dell’Ago, non possa essere ricompresa l’Inpgi, ente previdenziale privatizzato, in quanto tale soggetto a requisiti pensionistici differenti dal cosiddetto sistema pubblico. La Suprema corte ha proseguito con l’interpretazione della seconda parte della disposizione, che recita testualmente: «il proseguimento dell’attività lavorativa è incentivato, fermi restando i limiti ordinamentali dei rispettivi settori di appartenenza, dall’operare dei coefficienti di trasformazione calcolati fino all’età di sessant’anni». Ad avviso del Collegio, tale previsione, al centro di un acceso dibattito esistente da tempo, non riconoscerebbe al lavoratore un diritto di opzione per la prosecuzione del rapporto di lavoro fino a 70 anni, ma si limita a prevedere la possibilità della prosecuzione del rapporto fino a tale limite massimo di età al sussistere di determinate condizioni previdenziali. Ciò, in ogni caso, solo laddove vi sia un accordo delle parti alla continuazione del rapporto di lavoro «sulla base di una reciproca valutazione di interessi». Nello stesso senso la Corte interpreta la disposizione di chiusura della norma in esame laddove stabilisce che «nei confronti dei lavoratori dipendenti, l’efficacia delle disposizioni di cui all’articolo 18 della legge 20 maggio 1970 n. 300 e successive modificazioni opera fino al conseguimento del predetto limite di età». In continuità con il principio di cui sopra, secondo il Collegio, tale disposizione andrebbe interpretata «non nel senso che il riconoscimento della maggior tutela si trascinerebbe il diritto a rimanere in servizio per poter godere della tutela stessa» (tesi sostenuta dal controricorrente), bensì nel senso che, una volta verificatesi le condizioni di cui sopra (e, dunque, siano intervenuti i coefficienti di trasformazione ed il rapporto sia proseguito per mutuo consenso) la tutela ex articolo 18 continui a trovare applicazione sino il limite di 70 anni.

Fonte:

Il Quotidiano del Lavoro – Il Sole 24 Ore

 

 

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