Con la sentenza 254 del 26 novembre 2020 , la Corte costituzionale ribadisce la leale collaborazione con la Corte di giustizia europea e dichiara inammissibile le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Corte d’appello di Napoli sulle disposizioni del Jobs act relative ai licenziamenti collettivi intimati in violazione dei criteri di scelta.
Nella motivazione della sentenza 254/2020 della Corte costituzionale si legge, infatti, quanto segue: «vi è un legame inscindibile tra il ruolo della Corte di giustizia dell’Unione europea, chiamata a salvaguardare il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei trattati» e il ruolo di tutti i giudici nazionali, depositari del compito di garantire «una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione» (articolo 19 del trattato). In un sistema integrato di garanzie, riveste un ruolo essenziale la leale e costruttiva collaborazione tra le diverse giurisdizioni, chiamate – ciascuna per la propria parte – a salvaguardare i diritti fondamentali nella prospettiva di una tutela sistemica e non frazionata».
Le questioni di legittimità sollevate e la decisione della Corte europea
Prima di entrare nel merito della decisione della Corte costituzionale, si precisa che, riguardo alla violazione delle norme della Carta di Nizza, la Corte di Appello di Napoli aveva ha ritenuto di proporre contemporaneamente rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea, allo scopo di chiarire il «contenuto della Carta dei Diritti fondamentali», per assumere poi «una diretta rilevanza nel giudizio di costituzionalità»
e un incidente di costituzionalità.
Si è pronunciata per prima la Corte di giustizia che, con ordinanza del 4 giugno 2020, ha dichiarato manifestamente irricevibili le questioni proposte sostenendo l’assenza «di un collegamento tra un atto di diritto dell’Unione e la misura nazionale in questione», collegamento richiesto dall’articolo 51, paragrafo 1, della Carta di Nizza. Esso non si identifica nella mera affinità tra le materie prese in esame e nell’indiretta influenza che una materia esercita sull’altra».
In altre parole, la Corte di Lussemburgo non ha rinvenuto alcun collegamento fra la disciplina nazionale inerente ai criteri di scelta nell’ambito dei licenziamenti collettivi e un atto di diritto dell’Unione, non potendo, pertanto, assumere alcuna posizione sull’asserita violazione della stessa Carta.
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