Con la sentenza n. 31866 dell’11 dicembre 2024, la Corte di Cassazione ha chiarito i confini della giusta causa di licenziamento connessa a condotte extralavorative.
Il fatto affrontato
La vicenda riguarda un lavoratore, conducente di autobus, licenziato per giusta causa dopo essere stato condannato alla pena detentiva di due anni e sei mesi di reclusione per violenza sessuale, maltrattamenti familiari e lesioni personali.
A seguito dell’impugnazione del licenziamento, con cui il dipendente ha sostenuto l’estraneità delle proprie condotte rispetto all’attività lavorativa, sia il Tribunale sia la Corte d’Appello confermavano la legittimità del recesso per giusta causa.
La Corte Territoriale ha ritenuto, infatti, che la commissione da parte del dipendente, in un lungo arco temporale, di plurimi fatti di significativa gravità (“l’atto di violenza sessuale nei confronti della moglie, i maltrattamenti con umiliazioni ed atteggiamenti prevaricatori verso la stessa, giudicati con il carattere della abitualità, nonché le lesioni personali“) integrasse la giusta causa di licenziamento.
Ciò anche in ragione della concreta possibilità che il lavoratore, conducente di autobus, potesse perdere l’autocontrollo e venir meno agli essenziali obblighi di rispetto e di diligenza nei confronti degli utenti del servizio o di terzi, atteso che le mansioni svolte comportavano la guida di veicoli nel traffico e il costante contatto con il pubblico.
Nel valutare la legittimità del licenziamento, la Corte d’Appello ha altresì tenuto conto della responsabilità e della posizione di garanzia assunta dal datore di lavoro nei confronti dei terzi circa la idoneità del personale che opera a contatto con il pubblico (ai sensi dell’art. 2043 c.c.), nonché nei confronti dei propri dipendenti (ex art. 2087 c.c.) ed ha valutato, infine, i precedenti disciplinari a carico del lavoratore medesimo connessi ad episodi di insubordinazione o perdita di controllo.
Il lavoratore impugnava la pronuncia resa dalla Corte Territoriale, proponendo ricorso avanti alla Suprema Corte sulla base di plurimi motivi.
La sentenza della Cassazione
Nel confermare la sentenza resa dalla Corte d’Appello, la Cassazione ha statuito che:
- la condotta illecita extralavorativa può avere rilievo disciplinare poiché il lavoratore è tenuto non solo a fornire la prestazione richiesta, ma altresì, quale obbligo accessorio, a non porre in essere, fuori dall’ambito lavorativo, comportamenti tali da ledere gli interessi morali e materiali del datore di lavoro o compromettere il rapporto fiduciario con lo stesso;
- nel caso di specie, è quindi certamente sussumibile nella nozione legale di giusta causa di licenziamento una condotta extralavorativa, avente rilievo penale e sfociata in una sentenza irrevocabile di condanna, caratterizzata, sia pure nell’ambito di rapporti interpersonali o familiari, dal mancato rispetto della altrui dignità e da forme di violenza e sopraffazione fisica e psichica, non sporadiche, bensì abituali, specie ove le mansioni del lavoratore, incaricato di pubblico servizio il conducente di autobus, comportino costante contatto col pubblico ed esigano rigoroso rispetto verso gli utenti e capacità di controllo.
La Suprema Corte ha poi evidenziato che la Corte Territoriale, lungi dallo stabilire un automatismo tra la condanna penale e l’integrazione della giusta causa di licenziamento, ha ben colto le implicazioni negative dei fatti penalmente illeciti sulla regolare esecuzione della prestazione, nel rispetto degli obblighi facenti capo al lavoratore e posti a tutela degli utenti del servizio pubblico; del pari la Corte territoriale ha correttamente valutato – con apprezzamento di merito insindacabile in sede di legittimità – i precedenti disciplinari dell’odierno ricorrente, sintomatici di insubordinazione e perdita di controllo.
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