De Luca & Partners

“Penalties after falsified evidence of attendance at work” (Il Giuslavorista.it, 04 August 2016 – Enrico De Luca, Luciano Vella)

SOMMARIO

Tutela e tutele | Il recente intervento dalla Corte di Cassazione sul doppio binario | Il Decreto Legislativo recante modifiche all’articolo 55-quater del D.lgs. 30 marzo 2001 n. 165 | In conclusione | Guida all’approfondimento |

Tutela e tutele
L’entrata in vigore, lo scorso 13 luglio, del decreto legislativo n. 116  ha riaperto il dibattito sul tema della tutela del lavoratore dipendente di una pubblica amministrazione.
L’esistenza di un vero e proprio doppio binario tra pubblico e privato ha, infatti, da sempre creato non pochi malcontenti, palesando un sistema giuridico incapace di contemperare le esigenze dei molti attraverso l’adozione di disposizioni idonee ad essere adattate alle particolari condizioni dei lavoratori generalmente intesi.
Tale situazione ha posto l’accento sulla disparità di trattamento che ha caratterizzato sin dai suoi albori il sistema giuslavoristico italiano. Il lavoratore, a proposito, ha nel comparto pubblicistico trovato piena tutela, lasciando i colleghi del privato in balia, se così si può dire, della volitività datoriale (si veda Di Paola, Il potere disciplinare nel lavoro privato e nel pubblico impiego privatizzato, Giuffre, 2010).

Il recente intervento dalla Corte di Cassazione sul doppio binario
A conferma di quanto suesposto, la Corte di Cassazione ha ribadito, con la sentenza n. 11868 del 9 giugno 2016, che ai dipendenti degli enti pubblici va applicata, in caso di licenziamento illegittimo, la piena tutela reintegratoria così come prevista dalla vecchia formulazione dell’ art. 18 dello Statuto dei Lavoratori.
In tal senso, la Suprema Corte, 9 giugno 2016, n. 11868  ha puntualizzato che “non si estendono ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni le modifiche apportate all’art. 18 dello Statuto, con la conseguenza che la tutela da riconoscere a detti dipendenti in caso di licenziamento illegittimo resta quella assicurata dalla previgente formulazione della norma”.
Le critiche mosse all’intervento di cui sopra, le quali non si possono che sintetizzare nell’assunto che la giurisprudenza di legittimità non può far le veci del Parlamento resuscitando una formulazione oramai sostituita, riaffermano la presenza di un sistema di tutele per i dipendenti pubblici diametralmente opposta e maggiormente garantista rispetto a quella prevista per i lavoratori del settore privato.
Infatti, a questi ultimi si applica il nuovo sistema normativo così come modificato dalla riforma Fornero prima e dal Jobs Act poi (in tema di licenziamento nell’era del Jobs Act, AA.VV., a cura Di Paola, “Il licenziamento”, Giuffrè 2016)  mentre ai primi spetta un trattamento di favore che non può che apparire platealmente dubbio.
La disparità di trattamento lascia, allora, impregiudicata quell’idea che nelle pubbliche amministrazioni vada ritrovata la panacea contro i soprusi del datore di lavoro, essendo quest’ultimo estremamente limitato nell’adottare quelle sanzioni valevoli ad interrompere il rapporto di lavoro.

Il Decreto Legislativo recante modifiche all’articolo 55-quater del D.lgs. 30 marzo 2001 n. 165
Con la c.d. riforma Madia del 2015 inizia una nuova stagione giuridica, culminata con il Decreto legislativo 116 del 2016. Quest’ultimo ha posto l’accento su un sinallagma che deve necessariamente porsi alla base di ogni rapporto di lavoro, soprattutto se afferente alle pubbliche amministrazioni. In sostanza, quel che vuole emergere è il semplicistico e ancestrale principio secondo il quale “chi sbaglia paga!”.
Il sostrato normativo e giurisprudenziale che si è avuto modo di evidenziare più sopra rende chiara, ancorché stravolgente, l’audacia dell’inciso testé riportato. Infatti, l’innovazione sottesa alla riforma in oggetto si pone quale scopo quello di sovvertire le dinamiche sussistenti nel mondo del lavoro pubblico.
L’articolato normativo che ne risulta non per nulla nasce dall’esigenza di dare maggior contezza a quel sistema che vede nella prevenzione generale un ottimo repellente contro le ingiustizie perpetrate in un ambito ove la tutela dell’interesse economico deve necessariamente sorreggersi su validi strumenti di protezione.
 Il d.lgs., in tal senso, apportando delle modifiche all’art. 55-quater del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, introduce un insieme di novità dalla portata rivoluzionaria, soprattutto avendo riguardo alla pronuncia della Corte di Cassazione di cui sopra.
L’introduzione dei commi 1-bis, 3-bis, 3-ter, 3-quater e 3-quinquies contribuisce alla ridefinizione della disciplina del trattamento disciplinare da riservare ai dipendenti pubblici, dando risalto al ruolo dei dirigenti, o di chi per loro, circa il controllo da esercitare sui singoli lavoratori.
Invero, il comma 1-bis dispone che costituisce falsa attestazione della presenza in servizio qualunque modalità fraudolenta posta in essere per far risultare un singolo in ufficio o trarre in inganno circa il rispetto dell’orario di lavoro, violazione della quale risponde anche chi abbia agevolato la condotta fraudolenta.
Il comma 3-bis prevede poi che nei casi di cui sopra, in qualsiasi modo accertati, il responsabile della struttura in cui lavora il dipendente procederà alla sua sospensione cautelare dal servizio senza stipendio, entro 48 ore dal momento in cui ne è venuto a conoscenza. Termine non perentorio, giacché il mancato rispetto dello stesso non determina decadenza alcuna quanto, piuttosto, la responsabilità del dipendente cui è imputabile il ritardo.
Già da quanto sin ora esposto emerge chiara la volontà di porre un argine a quelle fraudolente attività che si consumano quotidianamente all’interno delle pubbliche amministrazioni, accentuando la responsabilità non soltanto in capo a coloro i quali abbiano utilizzato il proprio ingegno in modo distorto, ma anche nei confronti di quei soggetti che pur potendo non si sono attivati per porvi rimedio.
In tal senso, facendo un piccolo salto in avanti, di particolare interesse appare il comma 3-quinquies, il quale prevede che nei casi di cui al comma 3-bis, per i dirigenti e i responsabili che abbiano acquisito informazioni sul fatto e che non si siano attivati iniziando un procedimento disciplinare o più semplicemente sospendendo cautelarmente il singolo, è prevista l’applicazione della sanzione disciplinare del licenziamento con contestuale denuncia all’Autorità giudiziaria ai fini dell’accertamento della sussistenza di eventuali reati.
Appare in tutta la sua evidenza, allora, la portata innovativa del decreto legislativo.
Il sistema che ne deriva contribuisce, inoltre, a combattere quell’omertà che ha visto nelle pubbliche amministrazioni un terreno fertile per porre radici.
A tal proposito, coloro i quali si pongono ai vertici delle amministrazioni pubbliche non potranno più eccepire, salvo rare eccezioni, la loro estraneità nei riguardi delle azioni fraudolente poste in essere dai singoli dipendenti. Quest’ultimi risponderanno per responsabilità da “omissione d’atti d’ufficio” di cui all’art. 328 del c.p, che potrà determinare il loro licenziamento disciplinare.
Tuttavia, non si tratta di un procedimento avulso dalla formazione di un normale iter procedimentale, finalizzato ad accertare il fatto nella sua integrità.
A tal proposito, ritornando all’analisi dell’articolato normativo, il comma 3-ter prevede un particolare procedimento disciplinare che garantisce il pieno contraddittorio, seppur in un arco temporale limitato.
Di tal guisa, una volta sospeso dal servizio il lavoratore, si consegnerà a quest’ultimo la contestazione per iscritto, con l’invito a comparire dinanzi all’Ufficio per i procedimenti disciplinari di cui all’art. 55-bis, comma 4.
Il dipendente verrà convocato con un preavviso di 15 giorni rispetto al giorno previsto per la convocazione, potendo beneficiare dell’assistenza di un procuratore o rappresentante sindacale. Inoltre, gli è data la possibilità di inviare una memoria scritta o, in caso di grave impedimento, una comunicazione con la quale richiedere il rinvio dell’audizione.
L’Ufficio concluderà il procedimento entro 30 giorni dalla ricezione da parte del dipendente della contestazione. Anche in questo caso il termine non è perentorio, indi per cui la sanzione potrà essere irrogata anche in violazione delle tempistiche, purché non sia intaccato il diritto di difesa del singolo.
Nasce un procedimento disciplinare celere che incardina in sé il senso della riforma: apprestare una risposta sanzionatoria rapida ed efficace nei confronti di quanti abbiamo sfruttato in malo modo la macchina pubblica.
A dar maggior vigore a quanto anticipato, il comma 3-quater introduce l’azione di responsabilità per danni di immagine della P.A. In tal senso, si prevede che venga data informativa tramite denuncia al pubblico ministero e la segnalazione alla Corte dei Conti della violazione commessa, nel termine di 15 giorni dall’avvio del procedimento disciplinare.
La Procura della Corte dei Conti, qualora vi siano i presupposti, emetterà invito a dedurre per danno d’immagine entro tre mesi dalla conclusione della procedura di licenziamento. Azione che si esaurirà entro 120 giorni dalla denuncia, senza possibilità di proroga.
L’ammontare del danno sarà rimesso alla libera valutazione del giudice, non potendo comunque scendere sotto le 6 mensilità dell’ultimo stipendio in godimento, otre interessi e spese di giustizia, rappresentando quest’ultimo un ottimo deterrente contro l’adozione di attività siffatte.

In conclusione
La sospensione cautelare, il licenziamento del dipendente e l’irrogazione della sanzione eventuale per danni d’immagine palesano la volontà di porre al centro del meccanismo sanzionatorio anzitutto la voce “risparmio”.
Infatti, le evidenti conseguenze positive, in termini economici, cui si andrà incontro mediante l’adozione del decreto legislativo in esame, entrato in vigore lo scorso 13 luglio, sono comprovate dall’articolo 2 dello stesso, il quale dispone che “dall’attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica” .
A ciò si aggiunga la conclamata finalità di contrastare i fenomeni dell’assenteismo e dell’illegalità nelle pubbliche amministrazioni, che si concretizzano accentuando la gravità della condotta posta in essere dal dipendente. Infatti, oltre a sospendere dal servizio e dal trattamento retributivo il lavoratore, quest’ultimo potrà incorrere in una eventuale responsabilità penale con ulteriore effetto dissuasivo.
Il decreto legislativo, di tal guisa, si muove all’interno di una compagine normativa che da tempo si era dimostrata improduttiva al fine di contrastare le false attestazioni dei dipendenti pubblici.
Lampante caso di scuola l’episodio consumatosi presso il Comune di Sanremo, che ha portato al c.d. blitz contro i “furbetti del cartellino”, con contestuale arresto di ben 35 dipendenti per truffa e peculato ai danni dello stato.
Quest’ultimi, infatti, una volta giunti presso la postazione di lavoro timbravano a turno per sé e per i propri colleghi il cartellino da lavoro, con un conseguente nocumento per lo Stato che, nei fatti, retribuiva indistintamente assenti e presenti.
Ecco i motivi dell’arresto, i quali permettono una ulteriore riflessione: seppur un apparato sanzionatorio effettivamente incisivo vi fosse anche prima dell’attuazione del decreto oggetto del nostro intervento (dati gli arresti) dubbi si pongono circa l’effettività della sua portata.
A porre rimedio a tale precaria situazione si pone la procedura ora introdotta che permette di riqualificare il meccanismo sanzionatorio secondo il quale il lavoratore sarebbe passibile di sospensione dal servizio e dalla retribuzione nell’ambito di un procedimento talmente celere da porre in allerta quanti abbiano ancora interesse ad aggirare la macchina della giustizia.
L’importanza sottesa alla manovra dell’esecutivo si accentua maggiormente, come suesposto, alla luce della recente sentenza della Corte di Cassazione. Infatti, se da un lato si pongono eccesive curatele, protezionismi e garanzie in capo ai dipendenti pubblici in punto di licenziamento illegittimo, dall’altro con il D.lgs. n. 116 del 2016 si valorizza l’intolleranza e la gravità di qualsiasi azione adottata al fine di aggirare il buon andamento e la corretta gestione del rapporto di pubblico impiego.

Guida all’approfondimento
Vito Tenore, “Il procedimento disciplinare nel Pubblico impiego dopo la riforma Brunetta”, Giuffrè, 2010.
Di Paola, Il potere disciplinare nel lavoro privato e Nel publbico impiego privatizzato, Giuffre, 2010.
AA.VV., a cura Di Paola, “Il licenziamento”, Giuffrè 2016.
AA.VV. “Testo Unico Pubblico Impiego Esplicato”, a cura di Alessandra Pedaci e Ciro Silvestro, Edizione Giuridiche Simone, 2014.

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