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Periodo di comporto per malattia: cosa fare se il dipendente lo supera (HR LINK, 21 marzo 2025 – Vittorio De Luca)

Il superamento del periodo di comporto per malattia rappresenta un delicato punto di equilibrio tra i diritti del lavoratore e le esigenze aziendali. La giurisprudenza ha offerto negli anni indicazioni importanti. Quali verifiche deve fare il datore di lavoro e quali sono i doveri del dipendente?

Il tema del superamento del periodo di comporto per malattia rappresenta un aspetto di grande rilievo nella gestione delle risorse umane. Da un lato, infatti, c’è la tutela del lavoratore che, in caso di patologie gravi o prolungate, necessita di un adeguato periodo di assenza per curarsi senza perdere il posto di lavoro. Dall’altro, le imprese devono garantire la continuità operativa e possono trovarsi in difficoltà nel gestire assenze prolungate.

La gestione del superamento del periodo di comporto per malattia richiede quindi un approccio equilibrato e attento: il datore di lavoro deve verificare il rispetto delle norme contrattuali e agire nel rispetto del principio di buona fede, evitando provvedimenti affrettati o discriminatori. 

Il lavoratore, dal canto suo, ha il dovere di comunicare in modo corretto la propria condizione e rispettare le regole previste dal contratto e dalla legge. La giurisprudenza ha fornito nel tempo indicazioni fondamentali per contemperare questi interessi, ma solo un’attenta valutazione del singolo caso può garantire il giusto bilanciamento tra la tutela del dipendente e le esigenze aziendali. 

Cosa dice la legge superamento del periodo di comporto

Il periodo di comporto è regolato principalmente dall’articolo 2110 del Codice Civile, che stabilisce che in caso di malattia il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto di lavoro per un periodo determinato dai contratti collettivi. Superato questo limite, il datore di lavoro può recedere dal rapporto, salvo il diritto all’indennità di preavviso.

Inoltre, la Legge 300/1970 (Statuto dei Lavoratori) all’art. 18 entra nel merito della cessazione del rapporto di lavoro: la norma tutela il lavoratore da licenziamenti intimati in violazione dell’articolo 2110, secondo comma, del Codice Civile, prevedendo il diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro.

Sentenze esemplari

Nel corso degli anni, diverse sentenze della Corte di Cassazione hanno fatto notizia in merito al superamento del periodo di comporto e hanno chiarito che il datore di lavoro deve considerare la specifica situazione del dipendente e valutare eventuali alternative prima di procedere con il licenziamento. 

Oltre al caso, salito agli onori della cronaca, di un dipendente licenziato quando mancavano ancora alcuni giorni alla conclusione del periodo di comporto (Cassazione n. 24766/2017), ecco qualche sentenza che ha fatto “storia”

Le verifiche del datore di lavoro

Per evitare contenziosi, il datore di lavoro deve effettuare attente verifiche prima di adottare provvedimenti disciplinari. In particolare deve:

  1. calcolare correttamente il periodo di comporto: deve essere verificata con precisione la somma delle assenze per malattia nel periodo di riferimento, distinguendo tra comporto secco (assenza continuativa) e frazionato (assenze ripetute)
  2. analizzare il contratto collettivo: alcuni CCNL prevedono termini differenti o deroghe per particolari categorie di lavoratori
  3. valutare eventuali richieste di prolungamento: se il dipendente ha diritto a una proroga per condizioni di salute gravi, il datore di lavoro deve tenerne conto
  4. tutelare la buona fede: la giurisprudenza richiede che il datore di lavoro agisca con correttezza, valutando la situazione caso per caso e considerando eventuali alternative prima del licenziamento.

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