NEW YORK (WSI) – Per i dipendenti pubblici restano intatte le tutele, con il reintegro in caso di licenziamento senza giusta causa. Niente, dunque, legge Fornero. Lo afferma la Cassazione, intervenendo sui licenziamenti dei lavoratori del pubblico impiego, dopo “un’approfondita e condivisa riflessione”. Le modifiche apportate allo Statuto dei lavoratori dalla riforma Fornero, poi superata dal Jobs Act, “non sono da considerare”. Il licenziamento del personale del pubblico impiego non è disciplinato dalla legge Fornero, “bensì dall’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori” spiegano i giudici della Suprema Corte nella sentenza n. 11868 della Sezione Lavoro depositata oggi. La decisione è nata da un ricorso del ministero delle Infrastrutture contro un funzionario – licenziato perché faceva il doppio lavoro – al quale la Corte d’appello di Roma aveva riconosciuto 6 mesi di indennità risarcitoria, come prevede la legge Fornero nel caso di licenziamenti legittimi ma con violazione delle procedure di contestazione disciplinare. Il Ministero nel ricorso in Cassazione aveva fatto reclamo contro i sei mesi di risarcimento. Ora il caso torna alla Corte d’appello di Roma. Secondo Antonio Foccillo, segretario confederale Uil, la sentenza conferma quello che hanno sempre sostenuto “la maggioranza dei giuristi, i rappresentanti sindacali e il ministro Madia”.
Il ministro della pubblica amministrazione Marianna Madia, ha più volte precisato che l’articolo 18 per gli statali non è stato cambiato né dalla legge Fornero, prima, né dal Jobs act, dopo. Un trattamento diverso rispetto ai lavoratori privati, sostiene il ministero, perché è diversa la natura del datore di lavoro, lo Stato, e perché nel pubblico impiego si entra per concorso. La precisazione dovrebbe trovare spazio nel testo unico del pubblico impiego, provvedimento da emanare in attuazione della riforma della pubblica amministrazione, approvata l’estate scorsa.
Conclusioni soprendenti: investimenti esteri a rischio
L’avvocato Vittorio De Luca, Managing Partner dello Studio De Luca & Partners di Milano dichiara che “è una sentenza che deve far discutere non solamente per il tema delicato, ma anche per le conclusioni sorprendenti a cui è giunta la Cassazione. La Suprema Corte infatti si spinge sino a far rivivere la formulazione di una disposizione di legge che tecnicamente non esiste più e che è ‘morta e sepolta’.”
“In effetti, nel 2012 il Parlamento Italiano non ha introdotto una disciplina alternativa al vecchio articolo 18, ma ha riformulato la norma fino a quel momento vigente. Pertanto, l’articolo 18 dello Statuto è uno solo e nessuno, nemmeno la Cassazione, può scegliere di applicare una versione della norma che il Parlamento Sovrano ha deciso di sostituire”.
Secondo il legale la conclusione a cui è giunta la Corte è “particolarmente significativa per le ripercussioni che la stessa può avere da un punto di vista della certezza del diritto e del conseguente – solo per fare un esempio – non trascurabile impatto in tema di attrazione degli investimenti esteri”.
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