In caso di demansionamento, si distingue tra a) i danni derivanti dalla perdita di reddito (quali la perdita del maggiore compenso da parte del dipendente), i quali sono soggetti a tassazione in ragione di quanto previsto dall’art. 6, comma 2, del TUIR) e b) i danni derivanti dall’impoverimento della capacità professionale (quali: l’impoverimento della capacità professionale con connessa perdita di chances; il danno biologico; il danno esistenziale, cioè il pregiudizio di natura non meramente emotiva ed interiore; il danno morale; il danno all’immagine professionale ed alla dignità personale) che viceversa non sono tassabili in quanto rientrano nella categoria di indennizzo a mero titolo di reintegrazione patrimoniale e, dunque, riconducibili ad una perdita di reddito.
Le somme riconosciute dal datore di lavoro al lavoratore al fine di risarcire un danno conseguente ad un mancato guadagno – presente o futuro – che il creditore (i.e., il lavoratore) avrebbe percepito in caso di regolare e tempestivo adempimento dell’obbligazione assunta dal debitore (i.e., il datore di lavoro) sono assoggettate alla medesima tassazione del reddito che il risarcimento è preposto a sostituire od integrare (c.d. lucro cessante), in base al principio espresso dall’articolo 6, comma 2, TUIR. Viceversa, il risarcimento corrisposto per danni non patrimoniali, oppure per quei danni che non possono essere comunque assimilati ad un reddit(c.d. danno emergente) sono esenti da tassazione.
La rinuncia si sostanzia in una dichiarazione unilaterale di volontà o in un comportamento concludente con cui il lavoratore rinuncia ad esercitare un proprio diritto. La transazione, invece, è il contratto con il quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine ad una lite già incominciata o prevengono una lite che potrebbe sorgere tra loro.
Il lavoratore può rinunciare o transigere, in maniera del tutto libera solo con riferimento a diritti c.d. derogabili previsti dalla legge, dal CCNL o dal contratto individuale, quando essi siano migliorativi rispetto a quelli stabiliti dalla legge o dal CCNL (i.e., superminimo, mensilità aggiuntive ulteriori, permessi aggiuntivi non previsti dal CCNL). La rinuncia o la transazione avente ad oggetto diritti inderogabili e già entrati nella diponibilità del lavoratore, è invece possibile solo se effettuata dinanzi a una delle c.d. “sedi protette”.
La rinuncia o la transazione avente ad oggetto diritti futuri, ossia diritti che non sono ancora entrati nella disponibilità del lavoratore, è sempre nulla.
L’art. 2113 cod. civ. dispone che le rinunce e le transazioni che hanno per oggetto diritti del lavoratore derivanti da disposizioni inderogabili di legge e dei contratti o accordi collettivi, sono valide solo se contenute in verbali di conciliazione sottoscritti in una c.d. sede protetta. Per sede protetta si intendo:
Le rinunce o le transazioni aventi ad oggetto diritti derivanti da disposizioni inderogabili che non sono avvenute in sede protetta, possono essere impugnate dal lavoratore entro 6 mesi dalla data: