Q&A

Contratti a termine, flessibili e formativi

Contratti a tempo determinato

Ultimo aggiornamento : 09/02/2022
È previsto un periodo di durata massima per i contratti a termine stipulati col medesimo lavoratore?

È possibile stipulare contratti a termine, senza specificare alcuna causale, solo per contratti di durata fino a 12 mesi.  Il termine apposto al contratto può superare (anche in virtù di proroghe successive del contratto) il termine di 12 mesi, entro il limite di durata massima pari a 24 mesi (salvo diverse disposizioni previste dal CCNL applicato) solo in presenza di una delle seguenti causali: (i) esigenze temporanee ed oggettive, estranee all’ordinaria attività aziendale o per ragioni sostitutive; (ii) esigenze connesse ad incrementi temporanei e non programmabili della ordinaria attività aziendale e (iii) specifiche esigenze previste dai contratti collettivi. L’indicazione di una delle suddette causali è sempre richiesta in caso di rinnovo di un contratto a termine. La mancata indicazione delle causali nelle ipotesi previste per legge comporta la trasformazione del contratto in contratto a tempo indeterminato.

Ultimo aggiornamento : 09/02/2022
In quali casi è vietata l’assunzione di lavoratori con contratti a termine?

Le assunzioni di lavoratori con contratti a tempo determinato sono vietate: (i) per la sostituzione di lavoratori in sciopero; (ii) presso unità produttive in cui si è proceduto, nei sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi che hanno riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni a cui si riferisce il contratto di lavoro a termine (tranne nelle ipotesi in cui il contratto sia stipulato per sostituire lavoratori assenti o abbia una durata iniziale non superiore a 3 mesi); (iii) presso unità produttive nelle quali sono operanti una sospensione del rapporto o una riduzione di orario, in regime di cassa integrazione, che interessano lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a termine; (iv) ai datori lavoro che non hanno effettuato la valutazione dei rischi.

La violazione di tali divieti comporta la trasformazione del contratto a termine eventualmente sottoscritto in contratto a tempo indeterminato, oltre alla condanna del datore di lavoro al pagamento di un’indennità risarcitoria tra un minimo di 2,5 ad un massimo di 12 mensilità.

Ultimo aggiornamento : 09/02/2022
Quando è consentita la riassunzione a termine di un lavoratore?

La riassunzione a termine di un lavoratore è consentita a condizione che tra la fine del precedente contratto e l’inizio del nuovo rapporto trascorra un intervallo temporale (c.d. “stop&go”) pari a: (i) 20 giorni se il contratto scaduto aveva una durata superiore a 6 mesi; (ii) 10 giorni se il contratto scaduto aveva una durata inferiore a 6 mesi. Il mancato rispetto di suddetti intervalli tra un contratto e l’altro comporta la trasformazione del contratto in contratto a tempo indeterminato, oltre alla condanna del datore di lavoro al pagamento di un’indennità risarcitoria tra un minimo di 2,5 ad un massimo di 12 mensilità.

Ultimo aggiornamento : 09/02/2022
Quanti lavoratori possono essere assunti con un contratto a tempo determinato?

Il numero massimo di lavoratori a termine che possono essere assunti deve essere pari al 20% dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione. I contratti collettivi possono prevedere percentuali superiori. In caso di inizio dell’attività in corso d’anno, il limite percentuale si computa sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento dell’assunzione. Per i datori di lavoro che occupano meno di 5 dipendenti è sempre possibile stipulare un contratto di lavoro a tempo determinato. La violazione dei limiti numerici comporta l’applicazione di sanzioni amministrative ma non la trasformazione dei contratti in contratti a tempo indeterminato.

Ultimo aggiornamento : 09/02/2022
Un lavoratore assunto con contratto a tempo determinato che si ammala a ridosso della scadenza del termine ha diritto alla proroga del termine fino alla fine della malattia?

La malattia non è un evento che può prorogare la decorrenza del termine; pertanto, il datore di lavoro corrisponderà al lavoratore quanto dovuto in base alle previsioni normative e contrattuali, solo ed esclusivamente fino alla scadenza contrattuale, a nulla rilevando il protrarsi dell’evento malattia in capo al lavoratore.

Ultimo aggiornamento : 09/02/2022
Quali sono i requisiti affinché un lavoratore a termine possa vantare il diritto di precedenza all’assunzione a tempo indeterminato?

Ai sensi dell’art. 24 del D.Lgs. 81/2015 il lavoratore che, nell’esecuzione di uno o più contratti a termine presso la medesima azienda, abbia prestato attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi, ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro entro i successivi dodici mesi con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione dei rapporti a termine. Il diritto di precedenza deve essere espressamente richiamato nel contratto individuale a tempo determinato e può essere esercitato dal dipendente a condizione che manifesti per iscritto la propria volontà in tal senso al datore di lavoro entro sei mesi dalla data di cessazione del rapporto di lavoro a termine. Il diritto di precedenza si estingue una volta trascorso un anno dalla data di cessazione del rapporto.  Si segnala che la contrattazione collettiva può prevedere requisiti differenti rispetto a quanto statuito dalla normativa sopra richiamata.

Ultimo aggiornamento : 09/02/2022
Sussistono discipline specifiche per peculiari categorie di lavoratori?

Esistono determinate categoria di lavoratori che sono escluse dal campo di applicazione delle norme di cui sopra relative ai contratti a termine, in quanto i relativi rapporti a tempo determinato risultano già disciplinati da specifiche normative e precisamente:

  1. i rapporti instaurati ai sensi dell’art. 8, co. 2, della Legge 23.7.1991, n. 223;
  2. i rapporti di lavoro tra i datori di lavoro dell’agricoltura e gli operai a tempo determinato, così come definiti dall’articolo 12, co. 2, del D.Lgs. 11.8.1993, n. 375;
  3. i richiami in servizio del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco (art. 29, co. 1, D. Lgs. 15.6.2015, n. 81).

Sono, altresì, esclusi dal campo di applicazione delle norme ordinarie in tema di contratti a termine:

  1. i contratti di lavoro a tempo determinato con i dirigenti, che non possono avere una durata superiore a 5 anni, salvo il diritto del dirigente di recedere a norma dell’art. 2118 c.c. una volta trascorso un triennio;
  2. i rapporti per l’esecuzione di speciali servizi di durata non superiore a 3 giorni, nel settore del turismo e dei pubblici esercizi, nei casi individuati dai contratti collettivi, nonché quelli instaurati per la fornitura di lavoro portuale temporaneo di cui all’art. 17 della Legge 28 gennaio 1994, n. 84, fermo l’obbligo di comunicare l’instaurazione del rapporto di lavoro entro il giorno antecedente;
  3. i contratti a tempo determinato stipulati con il personale docente e ATA per il conferimento delle supplenze e con il personale sanitario, anche dirigente, del Servizio sanitario nazionale (art. 29, co. 2, D.Lgs. 15.6.2015, n. 81);
  4. i contratti a tempo determinato stipulati ai sensi della Legge n. 240 del 30 dicembre 2010: tale disposizione contiene le norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento.

Contratto di somministrazione

Ultimo aggiornamento : 09/02/2022
Che cos’è il contratto di somministrazione?

Il contratto di somministrazione, disciplinato dal Decreto legislativo n. 81/2021, è una tipologia contrattuale in cui coesistono due distinti rapporti contrattuali. Da un lato si conclude il contratto commerciale di somministrazione, tra il somministratore (un’agenzia autorizzata) e l’utilizzatore (un soggetto che si avvale dei servizi del somministratore per reperire personale). Tale contratto ha natura commerciale e può essere a tempo determinato o a tempo indeterminato. Dall’altro lato, si stipula il contratto di lavoro tra il somministratore ed il lavoratore (assunto dal somministratore ed inviato in missione presso l’utilizzatore), il quale può essere anch’esso a tempo determinato o a tempo indeterminato.

Ultimo aggiornamento : 09/02/2022
Cosa si deve intendere per contratto c.d. di staff leasing e quando può essere concluso?

Il contratto c.d. di staff leasing è il contratto di somministrazione a tempo indeterminato concluso tra il somministratore ed il lavoratore. A tale tipologia di contratto viene applicata la disciplina prevista per il rapporto di lavoro a tempo indeterminato (sul punto cfr. art. 34, comma 1, D.Lgs. 81/2015).
È possibile sottoscrivere un contratto di somministrazione a tempo indeterminato per qualunque ambito di attività nonché tipologia di lavoratori, ma deve essere rispettato il limite del 20% rispetto al numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore alla data del 1° gennaio dell’anno in cui è concluso il contratto. Una eventuale variazione di tale percentuale può essere prevista dalla contrattazione collettiva applicata dall’utilizzatore.

Ultimo aggiornamento : 09/02/2022
In un rapporto di somministrazione a chi spettano i poteri organizzativo, direttivo e disciplinare?

La particolare struttura del contratto di somministrazione comporta, tra le altre, una ripartizione dei poteri e degli obblighi datoriali. Nello specifico, il potere organizzativo e direttivo esercitabile nei confronti del lavoratore somministrato (o in somministrazione) è esercitato dall’utilizzatore. Il lavoratore, infatti, svolge la propria attività nell’interesse e sotto la direzione ed il controllo di quest’ultimo (sul punto cfr. art. 30 del D.Lgs. 81/2015). Il potere disciplinare è, invece, riservato al somministratore che, nell’eventualità di una contestazione disciplinare, riceverà dall’utilizzatore gli elementi oggetto del provvedimento.

Ultimo aggiornamento : 09/02/2022
Come vengono ripartite le responsabilità in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro nell’ambito di un contratto di somministrazione?

Salva diversa previsione contrattuale, alla società di somministrazione sono riservati gli obblighi informativi nonché l’addestramento del lavoratore; all’utilizzatore, invece, è riservata l’osservanza dei medesimi obblighi di prevenzione e protezione cui è tenuto, per legge e per contratto collettivo, nei confronti dei propri dipendenti.

Ultimo aggiornamento : 09/02/2022
A chi spetta l’onere di corrispondere la retribuzione al lavoratore somministrato?

Al lavoratore somministrato la retribuzione viene versata direttamente dall’ente somministratore che, a sua volta, viene rimborsato dall’utilizzatore. In capo al somministratore rimangono anche gli oneri contributivi, previdenziali, assicurativi ed assistenziali. L’utilizzatore ed il somministratore, invece, rimangono obbligati in solido nella corresponsione dei trattamenti retributivi nonché nel versamento dei relativi contributi previdenziali.

Contratto di lavoro a tempo parziale

Ultimo aggiornamento : 09/02/2022
In cosa consiste il rapporto di lavoro a tempo parziale (o part-time)?

Il rapporto di lavoro a tempo parziale (o part-time) consiste in un rapporto di lavoro subordinato nell’ambito del quale le parti stabiliscono lo svolgimento dell’attività lavorativa per un orario ridotto rispetto a quello previsto dalla legge o, eventualmente, dai contratti collettivi.

Ultimo aggiornamento : 09/02/2022
Quante tipologie di lavoro a tempo parziale (o part-time) esistono?

Esistono tre tipologie di part-time: (i) il part-time orizzontale, nel quale la riduzione dell’orario di lavoro è prevista in relazione all’orario normale giornaliero (es. tutti i giorni dalle ore 9:00 alle ore 13:00); (ii) il part-time verticale, nel quale l’attività lavorativa è svolta a tempo pieno, ma limitatamente a periodi predeterminati nel corso della settimana, del mese o dell’anno (ad es. 8 ore giornaliere, ma solo per 3 giorni alla settimana); (iii) il part-time misto, nel quale è prevista una combinazione delle precedenti due modalità (ad es. in alcuni periodi dell’anno tutti i giorni ma solo dalle ore 14:00 alle ore 18:00, mentre nei mesi restanti 8 ore al giorno ma solo dal martedì al venerdì).

Ultimo aggiornamento : 09/02/2022
È possibile prevedere nel contratto di lavoro part-time un periodo di prova?

Nel contratto di lavoro part-time è possibile prevedere un periodo di prova nei limiti e con le modalità previste per i lavoratori a tempo pieno. I contratti collettivi possono modulare i periodi di prova in relazione all’articolazione dell’orario di lavoro.

Ultimo aggiornamento : 09/02/2022
Un lavoratore può svolgere più rapporti di lavoro part-time?

Nessuna norma vieta il cumulo delle prestazioni lavorative, e di conseguenza la possibilità per un lavoratore di svolgere più rapporti di lavoro part-time alle dipendenze di più datori di lavoro, fermi restando alcuni limiti relativi all’orario di lavoro. Il datore di lavoro deve garantire al lavoratore in part-time il rispetto della durata massima settimanale della prestazione, il diritto al riposo settimanale e giornaliero. Il lavoratore, dunque, ha l’onere di comunicare al datore di lavoro l’ammontare delle ore in cui può prestare la propria attività, nel rispetto dei limiti indicati e di fornire ogni altra informazione utile in tal senso.

Ultimo aggiornamento : 09/02/2022
Il lavoratore part-time ha diritto alla conservazione del posto in caso di malattia e infortunio?

In caso di malattia, infortunio sul lavoro e malattia professionale, il lavoratore part-time ha diritto allo stesso periodo di conservazione del posto di lavoro previsto per i dipendenti a tempo pieno del medesimo livello. I contratti collettivi possono modulare la durata del periodo di comporto in relazione alla diversa articolazione dell’orario di lavoro del lavoratore part-time.

Ultimo aggiornamento : 09/02/2022
Il datore di lavoro può garantirsi una maggiore flessibilità della prestazione lavorativa da parte del dipendente?

Datore di lavoro e lavoratore, nel rispetto di quanto previsto dai contratti collettivi, possono accludere al contratto di lavoro le clausole c.d. elastiche per garantire al primo una maggiore flessibilità; esse consentono di distribuire diversamente la prestazione lavorativa concordata nell’ambito della giornata, della settimana, del mese o dell’anno, o di estendere la durata della prestazione lavorativa per periodi prolungati e continuativi fino al limite della durata “normale” del lavoro a tempo pieno..

Ultimo aggiornamento : 09/02/2022
Che cosa si intende per lavoro supplementare?

Nell’ambito di un contratto a tempo parziale, viene definito come “lavoro supplementare” la prestazione lavorativa eccedente rispetto all’orario contrattualmente pattuito richiesta dal datore di lavoro entro i limiti dell’orario normale di lavoro di cui all’articolo 3 del D.Lgs. n. 66/2003. Il lavoro supplementare può essere richiesto nel rispetto dei limiti e con la corresponsione delle maggiorazioni retributive indicati dal contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro. Nel caso in cui il contratto collettivo non disciplini il lavoro supplementare è necessario il consenso del lavoratore interessato. In tal caso, il datore di lavoro può richiedere al lavoratore lo svolgimento di prestazioni di lavoro supplementare in misura non superiore al 25% delle ore di lavoro settimanali concordate: il lavoro supplementare è retribuito con una percentuale di maggiorazione sull’importo della retribuzione oraria globale di fatto pari al 15%, comprensiva dell’incidenza della retribuzione delle ore supplementari sugli istituti retributivi indiretti e differiti. Sempre con riferimento all’ipotesi in cui il contratto collettivo non disciplini il lavoro supplementare, il lavoratore può rifiutare lo svolgimento del lavoro supplementare ove giustificato da comprovate esigenze lavorative, di salute, familiari o di formazione professionale (art. 6 D.Lgs. 81/2015).

Ultimo aggiornamento : 09/02/2022
In quali ipotesi il lavoratore ha diritto alla trasformazione del contratto di lavoro full time in un contratto di lavoro a tempo parziale?

L’art. 8 del D.Lgs. 81/2015 dispone che i lavoratori affetti da:

  1. patologie oncologiche;
  2. gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti,

per i quali residui una ridotta capacità lavorativa, eventualmente anche a causa degli effetti invalidanti di terapie salvavita, accertata da una commissione medica istituita presso l’AUSL territorialmente competente, hanno diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale. A richiesta del lavoratore il rapporto di lavoro a tempo parziale è trasformato nuovamente in rapporto a tempo pieno.

Sussistono, altresì, ipotesi al verificarsi delle quali al lavoratore è riconosciuta la priorità (e, quindi, non un vero e proprio diritto assoluto come avviene invece nell’ipotesi di cui sopra) nella trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto a tempo parziale e precisamente nel caso:

  1. di patologie oncologiche o gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti riguardanti il coniuge, i figli o i genitori del lavoratore o della lavoratrice;
  2. in cui il lavoratore o la lavoratrice assista una persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa, che assuma connotazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, co. 3, della legge n. 104/1992, che abbia necessità di assistenza continua in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita;
  3. di richiesta del lavoratore o della lavoratrice, con figlio convivente di età non superiore a 13 anni o con figlio convivente portatore di handicap a norma dell’articolo 3 della legge n. 104/1992.

Contratto di apprendistato

Ultimo aggiornamento : 09/02/2022
Esistono diverse tipologie di contratto di apprendistato?

Il contratto di apprendistato, attualmente normato agli artt. da 41 a 47 del D.Lgs. 81/2015, si articola in:

  • apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore;
  • apprendistato professionalizzante;
  • apprendistato di alta formazione e ricerca.

L’apprendistato di cui ai punti (i) e (iii) integrano formazione e lavoro, con riferimento ai titoli di istruzione e formazione e alle qualificazioni professionali previsti dal sistema nazionale.

Ultimo aggiornamento : 09/02/2022
Come dev’essere strutturato un contratto di apprendistato?

Il contratto di apprendistato deve essere stipulato in forma scritta, ai fini della prova, e deve contenere il piano formativo individuale definito anche sulla base di moduli e formulari stabiliti dalla contrattazione collettiva o dagli enti bilaterali. Nell’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore nonché nell’apprendistato di alta formazione e ricerca, il piano formativo individuale viene predisposto dall’ente formativo e dall’azienda.

Ultimo aggiornamento : 09/02/2022
Cosa costituisce giustificato motivo di licenziamento nel contratto di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore?

Nel contratto di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore, costituisce giustificato motivo di licenziamento il mancato raggiungimento degli obiettivi formativi da parte dell’apprendista. Al termine del periodo di apprendistato le parti possono decidere recedere dal contratto, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 2118 del codice civile in tema di recesso dal contratto a tempo indeterminato.

Ultimo aggiornamento : 09/02/2022
Ci sono dei limiti di età per l’assunzione tramite contratto di apprendistato?

Con il contratto di apprendistato di primo livello un datore di lavoro può assumere, in tutti i settori di attività, i giovani che hanno compiuto i 15 anni di età e fino al compimento dei 25 anni. I lavoratori beneficiari di indennità di mobilità o di un trattamento di disoccupazione (c.d. Naspi), al fine della loro qualificazione o riqualificazione professionale, possono essere assunti in apprendistato professionalizzante, senza limiti di età.

Ultimo aggiornamento : 09/02/2022
Quali sono i benefici di cui può fruire il datore di lavoro che assume un apprendista?

Il datore di lavoro che assume con il contratto di apprendistato di I livello fruisce dei seguenti benefici:

  • è esonerato da ogni obbligo retributivo per le ore di formazione svolte dall’apprendista presso l’istituzione formativa;
  • ha una riduzione della retribuzione del 10% per le ore di formazione a carico del datore di lavoro (salvo diversa previsione dei contratti collettivi);
  • l’apprendista non contribuisce ad innalzare l’aliquota contributiva a carico dell’azienda;
  • non versa il contributo di licenziamento per le interruzioni di rapporto a tempo indeterminato;
  • l’ordinaria aliquota contributiva del 10% è ridotta al 5%;
  • è riconosciuto lo sgravio totale dei contributi a carico del datore di lavoro di finanziamento dell’ASpI/NASpI.

Contratto di lavoro intermittente

Ultimo aggiornamento : 09/02/2022
Cosa si intende per contratto di lavoro intermittente?

Il contratto di lavoro intermittente o “jobs on call” consente, nel rispetto di determinati limiti previsti per legge, di usufruire delle prestazioni di un lavoratore su chiamata da parte del datore di lavoro. Esistono due tipologie di contratto di lavoro intermittente: (i) contratto con obbligo del lavoratore di rispondere alla chiamata del datore di lavoro (con diritto alla corresponsione di un’indennità per i periodi di disponibilità obbligatoria); (ii) contratto che non prevede tale obbligo nel quale il rapporto si instaura solamente se il lavoratore esercita la propria facoltà di rispondere alla chiamata del datore di lavoro.

Ultimo aggiornamento : 09/02/2022
Quali sono i requisiti richiesti per poter stipulare contratti di lavoro intermittenti?

La stipulazione di contratti di lavoro intermittente è consentita solo per lo svolgimento di prestazioni di carattere discontinuo o intermittente al ricorrere di specifiche esigenze individuate dai contratti collettivi.

In assenza di una regolamentazione collettiva, le ipotesi di utilizzo del lavoro intermittente sono individuate tramite Decreto Ministeriale. È, invece, sempre possibile stipulare contratti di lavoro intermittente, indipendentemente dal tipo di attività svolta, con soggetti di età superiore a 55 anni o inferiore a 24 anni (in quest’ultimo caso le prestazioni oggetto di contratto devono essere eseguite entro il compimento del 25esimo anno di età).

Ultimo aggiornamento : 09/02/2022
Esistono dei periodi di durata massima delle prestazioni oggetto di contratti di lavoro intermittente?

Il contratto di lavoro intermittente è consentito, per ciascun lavoratore con il medesimo datore di lavoro, per un periodo complessivamente non superiore alle 400 giornate di effettivo lavoro nell’arco di 3 anni solari. Il superamento di tale periodo comporta la trasformazione del contratto in un contratto di lavoro a tempo pieno ed indeterminato.

Ultimo aggiornamento : 09/02/2022
Quali requisiti di forma e di contenuto devono essere rispettati nella stipulazione di un contratto di lavoro intermittente?

Il contratto deve essere stipulato in forma scritta ai fini della prova e deve indicare:

  • la durata;
  • le ipotesi che ne consentono la stipulazione;
  • il luogo e le modalità della disponibilità eventualmente garantita dal lavoratore;
  • le forme e le modalità con cui il datore di lavoro può richiedere l’esecuzione della prestazione di lavoro e le modalità di rilevazione della stessa;
  • i tempi e modalità di pagamento della retribuzione e dell’eventuale indennità di disponibilità;
  • le eventuali misure di sicurezza specifiche necessarie in relazione al tipo di attività prevista in contratto.
Ultimo aggiornamento : 09/02/2022
Come viene determinata l’indennità di disponibilità?

L’ammontare dell’indennità di disponibilità è stabilito dai contratti collettivi e, in ogni caso, non può essere inferiore al 20% della retribuzione mensile – minimo tabellare, indennità di contingenza, EDR, ratei di mensilità aggiuntive – prevista dal CCNL applicato.

Tirocinio formativo

Ultimo aggiornamento : 09/02/2022
Cosa si intende per tirocinio formativo?

Come chiarito, tra le altre, dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il tirocinio è un periodo di orientamento e di formazione, avente l’obiettivo di inserire i giovani all’interno del mondo del lavoro. In particolare, esistono due tipologie di tirocinio: (i) il tirocinio curriculare, rivolto ai giovani che risultano ancora iscritti ad un percorso di istruzione o formazione; (ii) il tirocinio extracurriculare, finalizzato a supportare le scelte professionali dei giovani che hanno concluso un percorso di istruzione o di formazione.

Ultimo aggiornamento : 09/02/2022
Chi sono i soggetti promotori di un tirocinio curriculare?

L’attivazione di un tirocinio curriculare è di competenza:

  • delle università, o degli istituti di istruzione universitaria abilitati al rilascio dei titoli accademici;
  • delle istituzioni scolastiche che rilasciano titoli aventi valore legale;
  • dei centri di formazione professionale che operano in convenzione con le Provincie o le Regioni.

Poiché finalizzato a formare lo studente, per i tirocini curricolari non è solitamente prevista una retribuzione. Il periodo di tirocinio viene convertito in CFU (Crediti Formativi Universitari), necessari per conseguire il titolo di studio.

Ultimo aggiornamento : 09/02/2022
Un tirocinio irregolare può essere riqualificato?

Come chiarito dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) con la circolare n. 8/2018, il tirocinio deve essere ricondotto alla forma del rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato qualora (i) sia azionato per attività che non necessitano di un periodo di formazione o comunque (ii) non presenta tutti gli elementi essenziali (quali la convenzione o il Piano Formativo Individuale) o (iii) viola uno dei requisiti soggettivi previsti in capo alle parti, compromettendo la natura formativa del rapporto, .

Ultimo aggiornamento : 09/02/2022
È possibile attivare un tirocinio formativo per sostituire un lavoratore assente?

Il tirocinio non può essere attivato per sostituire personale momentaneamente assente o in periodi di aumento delle attività ovvero per ricoprire ruoli/posizioni proprie dell’organizzazione che ospita il tirocinante. È possibile, infatti, ricorrere a tale istituto solamente per quelle tipologie di attività lavorative per le quali sia previsto e necessario un periodo formativo.

Ultimo aggiornamento : 09/02/2022
Qual è la durata minima e massima di un tirocinio?

Un tirocinio deve avere una durata minima non inferiore a 2 mesi. Tale termine si riduce (i) a 30 giorni nel caso in cui sia svolto presso enti ospitanti che operano stagionalmente ovvero (ii) a 14 giorni qualora svolti da studenti durante il periodo estivo. La durata massima comprensiva di proroghe e rinnovi, invece, è di 12 mesi, ad eccezione dei tirocini per i disabili per i quali è fissata a 24 mesi. Prima del termine concordato, il tirocinio può essere interrotto dal: (i) tirocinante, con motivata comunicazione scritta al tutor dell’ospitante nonché al tutor del promotore; (ii) l’ospitante ovvero dal promotore in caso di gravi inadempienze da parte di uno dei soggetti coinvolti o in caso di impossibilità a proseguire conseguendo gli obiettivi formativi.

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