Vittorio De Luca, intervistato da Giorgio Pogliotti de Il Sole 24 Ore, ha parlato del tema degli appalti. In particolare, l’intervista si è focalizzata sugli appalti illeciti e sulle conseguenze sanzionatorie degli stessi.
“Spesso constatiamo che non c’è piena sensibilità da parte delle imprese sulla gravità delle conseguenze degli appalti non genuini e delle azioni preventive che andrebbero intraprese”.
Qui il video integrale dell’intervista: il Sole 24 Ore
La Corte di cassazione, chiamata a pronunciarsi sulla possibilità di applicare la responsabilità solidale prevista dall’articolo 29 del Dlgs 276/2003 anche ai contratti diversi dall’appalto ex articolo
1655 del Codice civile, con la recente sentenza 26881 del 16 ottobre 2024, ha enunciato un importante principio di diritto che va ben oltre il tema della solidarietà, investendo l’intero impianto normativo
dell’interposizione fittizia di manodopera.
I giudici di legittimità, dopo aver ribadito la ratio della solidarietà di cui al citato articolo 29, ossia evitare il rischio che si verifichino pregiudizi a danno dei lavoratori impiegati in situazioni di decentramento produttivo, di fronte a un contratto atipico a causa mista utilizzato nella prassi della grande distribuzione, hanno precisato che a rilevare non è tanto l’esatta qualificazione del contratto, quanto «la necessità di verificare se vi sia stato un meccanismo di decentramento e di dissociazione fra la titolarità del contratto di lavoro e l’utilizzazione della prestazione lavorativa che possa giustificare una applicazione della
garanzia di cui all’articolo 29». A ben vedere, tuttavia, la portata della pronuncia sembra andare oltre il tema della mera solidarietà, in quanto, a prescindere dalla qualificazione del contratto, porta a concludere che il decentramento realizzato e la conseguente dissociazione fra la titolarità del rapporto di lavoro e l’utilizzazione della prestazione lavorativa sono tali da poter giustificare l’applicazione, non solo dell’articolo 29, ma dell’intero impianto normativo posto a tutela dei lavoratori illegittimamente
utilizzati. Se, come osservato dalla Corte, il tema d’indagine deve avere lo scopo di individuare su quale parte contrattuale ricada il «rischio di impresa», non può trascurarsi allora che debbano assumere rilievo anche gli altri criteri previsti dal primo comma dell’articolo 29 del Dlgs 276/2003 per la verifica della genuinità dell’appalto, quali:
I tre requisiti citati, infatti, rappresentano i caratteri distintivi dell’appalto rispetto alla somministrazione di lavoro. Sebbene la Cassazione, nella sentenza in commento, si sia concentrata sul requisito del rischio d’impresa, è di tutta evidenza che la verifica della genuinità del contratto deve riguardare anche l’organizzazione dei mezzi e delle persone. E ciò, a prescindere dalla qualificazione
giuridica del contratto che regola i rapporti tra i contraenti, in ogni situazione nella quale si realizzi la dissociazione tra datore e utilizzatore .
Beninteso, salvo che il somministratore non sia un’agenzia appositamente autorizzata dal
ministero del Lavoro.
Del resto, tale lettura non dovrebbe sorprendere se si considera che l’intero diritto del lavoro è generalmente caratterizzato dalla prevalenza della sostanza sulla forma.
Di conseguenza, l’eventuale decentramento produttivo in mancanza dei requisiti in parola rischia di essere non conforme alla legge e pertanto riqualificabile in una somministrazione irregolare o fraudolenta di manodopera.
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Il Decreto-legge n. 19/2024 (convertito dalla L. n. 56/2024) ha inasprito le sanzioni in materia di somministrazione, appalti e distacco illeciti ampliando le casistiche in cui si incorre in sanzioni di rilevanza penale.
In sintesi, appalto, distacco e somministrazione sono considerati illeciti quando l’utilizzo dei lavoratori avviene in assenza dei requisiti di legge, con finalità elusive e senza un effettivo esercizio dei poteri direttivi e organizzativi da parte dell’appaltatore, del distaccante o del somministratore.
Sul punto, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro è intervenuto dapprima con la nota n. 1091/2024 al fine di chiarire l’esatto importo delle ammende da applicare e il complesso meccanismo della recidiva, e successivamente con nota n. 1133/2024 ove prende in esame il regime intertemporale di applicazione delle nuove sanzioni.
Su questo ultimo punto, l’Ispettorato precisa che le nuove sanzioni penali trovano applicazione in relazione alle condotte poste in essere a decorrere dal 2 marzo 2024, la data di entrata in vigore del Decreto-legge n. 19/2024. Per le condotte iniziate ed esaurite prima del 2 marzo, invece, si applica il precedente regime sanzionatorio di natura amministrativa, regolato con la circolare n. 6/2016 dal Ministero del Lavoro.
Tuttavia, il vero tema, oggetto di chiarimento, attiene a tutte le condotte a cavallo dell’entrata in vigore del Decreto-legge 19/2024. L’Ispettorato afferma che le condotte iniziate prima del 2 marzo 2024 e proseguite dopo tale data hanno una valenza esclusivamente penale e perciò sono soggette alle pene stabilite dal nuovo regime sanzionatorio.
Inoltre, chiarisce l’Ispettorato, per la determinazione della sanzione applicabile, parametrata al numero di giornate di illecito impiego di personale, in ragione dell’alternatività tra pena detentiva e pecuniaria, vanno considerati anche i periodi precedenti il 2 marzo. Ciò in quanto le giornate di impiego hanno rilievo nella valutazione della gravità dell’illecito, la quale, a sua volta, determina una reazione sanzionatoria proporzionale e “vincolata” poiché predeterminata in ragione dei lavoratori coinvolti e del numero delle giornate e costituiscono un mero elemento di quantificazione delle ammende in riferimento a una condotta necessariamente da considerarsi unitaria.
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Il Decreto-legge n. 19 del 2 marzo 2024 (c.d. DL PNRR-bis), in vigore dalla stessa data, ha introdotto importanti novità in materia di lavoro, con particolare riferimento agli istituti dell’appalto e della somministrazione di manodopera.
Di seguito si riassumono le novità di maggiore rilievo:
Garanzie nell’appalto: gli appaltatori e i subappaltatori sono tenuti a riconoscere al personale impiegato nell’appalto un trattamento economico complessivo che non sia inferiore a quello previsto dai contratti collettivi nazionali e territoriali maggiormente applicati nella zona e nel settore connesso alle attività appaltate.
Responsabilità solidale nell’appalto: l’istituto della responsabilità solidale retributiva e contributiva in capo all’utilizzatore viene esteso anche in caso di utilizzazione illecita per somministrazione abusiva e di appalto e di distacco illecito.
Lavoro nero: sono aumentati del 30% gli importi delle sanzioni per i datori di lavoro che impiegano lavoratori in nero.
Sanzioni appalto e somministrazione illecita: introduzione di una sanzione penale in caso di appalto irregolare che prevede la pena dell’arresto fino a un mese o dell’ammenda di 60 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione. In caso di “recidiva” (se nei tre anni precedenti il datore di lavoro sia già stato destinatario di sanzioni penali per gli stessi illeciti) l’ammenda viene aumenta a 72 euro.
Inasprimento delle sanzioni in caso di fraudolenza: se il datore di lavoro ha l’intento di eludere norme di legge o contratti collettivi, è applicata la sanzione dell’arresto fino a tre mesi o dell’ammenda di 100 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di lavoro.
Patente a punti nei cantieri: dal 1° ottobre 2024 saranno tenuti al possesso della “patente” le imprese e i lavoratori autonomi che operano nei cantieri temporanei o mobili. Il richiedente deve essere in regola con i seguenti adempimenti: iscrizione alla camera di commercio industria e artigianato; obblighi formativi previsti dall’articolo 37 del D.lgs. 81/2008 verso datore di lavoro, dirigenti, preposti e lavoratori; possesso del Documento Unico Regolarità Contributiva in corso di validità; possesso del Documento di Valutazione dei Rischi; possesso del Documento Unico Regolarità Fiscale.
Imprese agricole e attività stagionali: inasprimento della disciplina sanzionatoria per cui in caso di superamento del limite di 45 giornate annue delle “prestazioni agricole di lavoro subordinato occasionale a tempo determinato” i rapporti di lavoro si trasformano a tempo indeterminato.
Lista di conformità: se all’esito di accertamenti ispettivi in materia di lavoro e di legislazione sociale non emergano violazioni o irregolarità, l’INL rilascia un attestato e iscrive l’impresa in un elenco informatico denominato “lista di conformità INL”. I datori di lavoro per un periodo di dodici mesi dalla data di iscrizione non saranno sottoposti ad ulteriori verifiche nelle materie oggetto degli accertamenti mentre in caso di violazioni o irregolarità accertate attraverso elementi di prova successivamente acquisti dagli organi di vigilanza, l’INL provvede alla cancellazione del datore di lavoro dalla lista.
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Chi ha il potere di licenziare il dipendente nel caso di contratto d’appalto? La questione, che a un primo impatto può apparire tecnica, in realtà ha un interesse diffuso in Italia, dove è frequente il ricorso a questo strumento. In particolare, le aziende devono fare i conti con l’evoluzione non solo normativa, ma anche giurisprudenziale, per assicurarsi di essere nella legittimità, considerato che le sensibilità si sono modificate decisamente nel corso degli anni. «Il rispetto dei requisiti affinché un appalto sia considerato genuino riguardano l’organizzazione dei mezzi, la direzione, il coordinamento delle risorse e l’assunzione del rischio d’impresa da parte dell’appaltatore», spiega Vittorio De Luca, name partner dello studio legale De Luca & Partners. «Sebbene la normativa di riferimento sia sostanzialmente immutata da 20 anni, la giurisprudenza, in ragione della particolare sensibilità in materia, ha conosciuto sviluppi che per lo più hanno comportato un aggravamento delle conseguenze negative per il committente». Da ultimo si sta formando un nuovo orientamento giurisprudenziale relativo all’appalto non genuino, che si concretizza quando prevale una direzione esterna da parte dell’impresa committente, che governa la forza lavoro della impresa appaltatrice ingerendo in modo diretto sulle modalità di esecuzione delle attività. In questo caso i giudici possono considerare inefficace il licenziamento del dipendente impiegato nell’esecuzione del servizio se non effettuato dal committente in qualità di datore di lavoro di fatto.
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