Il Tribunale di Bologna, con ordinanza del 31 dicembre 2020, ha accolto il ricorso promosso da tre organizzazioni sindacali confederate alla Cgil (Filt, Filcams e Nidl) contro la società Deliveroo, qualificando discriminatorie le condizioni di accesso alla piattaforma digitale utilizzata dalla stessa.
A parere del Tribunale, il sistema di prenotazione degli slot di lavoro penalizzava i rider che si assentavano dal lavoro, senza tenere in alcun modo conto di quali fossero le reali motivazioni della loro assenza. Inoltre, sulla base dell’algoritmo adottato dalla società, il punteggio di ciascun rider subiva una diminuzione quando lo stesso (i) non effettuava l’accesso alla piattaforma 15 minuti prima dell’inizio della sessione recandosi nella zona di lavoro, oppure (ii) annullava la prenotazione della sessione con un preavviso inferiore alle 24 ore. Peraltro, il sistema garantiva ai rider più meritevoli (i.e. coloro che godevano di un ranking reputazionale più alto) priorità nella scelta dei turni.
Secondo il giudice, quindi, l’algoritmo programmato, del tutto indifferente alle reali necessità dei rider, finiva per penalizzare indiscriminatamente chi avesse deciso, ad esempio, di aderire a iniziative di sciopero ovvero fosse costretto ad assentarsi per malattia, disabilità o, ancora, per assistere un minore malato o in condizione di disabilità.
Ed è sulla base di tali presupposti che il Tribunale di Bologna ha condannato la società di delivery a (i) rimuovere gli effetti della condotta discriminatoria; (ii) pubblicare l’ordinanza sul proprio sito internet e un suo estratto su un quotidiano di tiratura nazionale nonché (iii) pagare alle organizzazioni sindacali, a titolo di risarcimento del danno, la somma di Euro 50.000 poiché il sistema di prenotazione adottato dissuadeva i rider da forme di astensione collettiva dal lavoro indebolendo così l’efficacia dell’azione sindacale.
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La Corte di appello di Milano, con sentenza n. 890 del 6 aprile 2017, torna a pronunciarsi sulla durata massima del periodo di comporto qualora sia espressa in mesi ed il CCNL di settore non disciplini espressamente le modalità di conteggio. Nel caso di specie una lavoratrice impugnava il licenziamento intimatole sull’assunto che ai sensi del CCNL Confapi i 18 mesi di comporto dovevano essere calcolati sulla base dei giorni di calendario. I giudici di merito, richiamando precedenti giurisprudenziali, hanno, invece, chiarito che “il sistema di calcolo deve essere unico e avere caratteristiche di omogeneità e uniformità. Ai predetti fini il divisore deve essere sempre 30, anche se le assenze siano cadute in mesi dell’anno di durata inferiore o superiore a 30”. Pertanto nel caso di specie i 18 mesi del periodo di comporto previsti dal CCNL di settore equivalgono sempre e comunque a 540 giorni.