Con la Legge di conversione, con modificazioni, del Decreto-legge n. 48/2023 – cd. “Decreto Lavoro” recante “Misure urgenti per l’inclusione sociale e l’accesso al mondo del lavoro” – il cui testo è stato approvato dalla Camera e di cui, in queste ore, si attende la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (“Legge di Conversione”) – sarà prorogato il diritto al lavoro agile:
Con l’occasione vale la pena ricordare che il suddetto decreto del Ministro della Salute, 4 febbraio 2022 – convertito, con modificazioni, dalla L. 18 febbraio 2022, n. 11 – individua le condizioni del soggetto e le patologie croniche con scarso compenso clinico e con particolare connotazione di gravità in presenza delle quali è certificata dal medico di medicina generale del lavoratore la situazione di fragilità ai fini dell’applicazione di alcune norme transitorie di favore (cfr. art. 28-bis della Legge di Conversione).
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LO SAI CHE… Lo scorso 5 maggio è entrato in vigore il c.d. “Decreto Lavoro”?
Lo scorso 17 ottobre, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Legislativo n. 149/2022, attuativo della Legge delega n. 206/2021, in forza del quale la riforma del processo civile si estende anche alle norme del rito del lavoro.
L’obbiettivo è quello di riordinare e coordinare i diversi interventi che, negli ultimi anni, hanno ripetutamente modificato il processo del lavoro, in modo da superare l’attuale proliferazione e, in alcuni casi, sovrapposizione di riti, che hanno ad oggetto l’impugnazione dei licenziamenti.
Ed infatti, tra le disposizioni di interesse, si segnala in primo luogo il superamento del rito Fornero (commi da 47 a 69 dell’art. 1 della Legge n. 92/2012) che, a far data dall’entrata in vigore della nuova riforma, vale a dire dal 1° luglio 2023, non sarà più azionabile. Inoltre, con particolare riferimento alla nuova disciplina applicabile alle controversie di lavoro, è prevista l’introduzione nel Codice di procedura civile di un nuovo capo I-bis, rubricato “Delle controversie in materia di licenziamento”.
Più nello specifico, il nuovo articolo 441-bis dispone che per la trattazione e la decisione delle controversie sull’impugnazione dei licenziamenti con domanda di reintegrazione, anche aventi ad oggetto questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro, il giudice potrà ridurre i termini del procedimento fino alla metà, fermo restando il termine minimo di venti giorni tra la notifica del ricorso al convenuto e la fissazione dell’udienza.
I poteri riconosciuti al giudice per velocizzare la procedura si estendono anche alla fase di trattazione e discussione della causa. In particolare, è stabilito che all’udienza di discussione il giudice disporrà, in relazione alle esigenze di celerità, anche prospettate dalle parti, la trattazione congiunta di eventuali domande connesse e riconvenzionali, ovvero la loro separazione. Le scelte del giudicante devono essere compiute, assicurando in ogni caso la concentrazione della fase istruttoria e di quella decisoria in relazione alle domande di reintegrazione nel posto di lavoro.
Le medesime esigenze vengono estese anche con riferimento ai giudizi di appello e di cassazione: l’ultimo comma dell’art. 441-bis prevede, infatti, che le controversie sull’impugnazione dei licenziamenti siano decise tenendo conto “delle medesime esigenze di celerità e di concentrazione”.
Ad oggi, però, non è ancora definito se la c.d. “corsia preferenziale” introdotta dal nuovo articolo 441-bis comporterà un giudizio preliminare sulla fondatezza nel merito della domanda, ovvero se sarà sufficiente per il ricorrente rivendicare il diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro. Reintegra che, in ogni caso, soprattutto per gli assunti con contratto a tutele crescenti (ossia, dopo il 7 marzo 2015), risulta ancora una ipotesi residuale, nonostante i numerosi interventi sia della Corte costituzionale che della Corte di Cassazione.
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