L’11 aprile Vittorio De Luca parteciperà come panelist all’Annual IBA Employment and Diversity Law Conference 2024 alla tavola rotonda dal titolo: “Panel: Breakout session one: Legal obligations in a borderless workplace“).

FOCUS

L’ascesa dei nomadi digitali, dei dipendenti satellite e degli Employer of
Record (EOR – Agenzie di somministrazione di lavoro) stanno ridisegnando il panorama del lavoro.
Com’è possibile per i datori di lavoro a livello globale far fronte, nel migliore dei modi, alle sfide legali e gestionali relative a persone che lavorano in diversi ordinamenti giuridici?

Principalmente di tali questioni discuterà Vittorio De Luca – in una prospettiva giuslavoristica – insieme a un gruppo di professionisti esperti di Diritto del lavoro durante la sessione “Legal obligations in a borderless workplace” organizzata domani dall’International Bar Association (IBA) per l’Annual IBA Employment and Diversity Law Conference 2024.

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Qui un estratto dell’articolo di Vittorio De Luca, intervistato da Antonio Ranalli di Italia Oggi, sul tema dell’IA all’interno degli studi legali.

“Di seguito l’estratto dell’intervista di Vittorio De Luca per Italia Oggi Sette Da molti anni è invalsa la prassi di riconoscere premi da varia natura agli studi legali, ma solo di
recente, sono comparsi premi anche per «lo studio più innovativo», «lo studio più digitale» etc», dice Vittorio De Luca, managing partner di De Luca & Partners. «Come riportato in un recente articolo del Financial Times, «gli avvocati … spesso tendono a sottovalutare l’impatto o il potenziale impatto della tecnologia», mentre, a chi scrive appare sempre più evidente la necessità di dotarsi e utilizzare strumenti digitali.
Nonostante un certo scetticismo, comunque gli studi si devono e si stanno adeguando al nuovo trend e alle possibilità che il mondo del digitale offre. In tal senso, lo studio De Luca & Partners non è da meno e da molti anni il budget dedicato agli investimenti tecnologici, di knowledge management (tramite la piattaforma KenDL) e gestione dei sistemi di automatizzazione è particolarmente significativo. Sicuramente questo nuovo modo di intendere l’operatività degli studi richiede anche un investimento nella formazione dell’uso della
tecnologia. Inoltre, particolare attenzione è posta alla sostenibilità, alla diversità e inclusione, alle pari
opportunità e alla tutela della genitorialità e work life balance. L’adozione di strategie cosiddette «ESG» sta diventando infatti una necessità e sta orientando il business model di molte realtà. Negli ultimi anni la crescita esponenziale dell’attenzione verso la sostenibilità nel senso più ampio del termine sta prendendo piede anche tra gli studi più virtuosi che hanno ideato meccanismi di sostegno, offrendo la possibilità di lavorare in mobilità e proponendo soluzioni specifiche per assicurare un sano equilibrio tra lavoro e vita privata”.

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L’IA gioca un ruolo sempre più importante nella fase di recruitment, offrendo nuove opportunità per i processi di selezione del personale. In particolare, l’utilizzo dell’IA sta già avendo una rapida diffusione nell’ algorithmic hiring, la procedura di selezione del personale integralmente o parzialmente affidata ad algoritmi che viene ritenuta più veloce, affidabile ed economica”. L’avv. Vittorio De Luca, Managing Partner di De Luca & Partners interviene così su come l’IA  viene usata nel recruitment. “E’ un grande vantaggio, ma potrebbe esserci il rischio di bias impliciti quando, ad esempio, l’IA viene addestrata su dati storici che riflettono disuguaglianze o pregiudizi preesistenti. È fondamentale garantire l’equità e la trasparenza nell’uso dell’IA e verificare regolarmente l’efficacia e l’impatto degli algoritmi utilizzati”. Le aziende già sperimentano l’uso di chatbot o assistenti virtuali per condurre interviste iniziali con i candidati. “Questi sistemi pongono domande predefinite, analizzano le risposte dei candidati e forniscono un punteggio o una valutazione in base alle risposte date, di fatto, standardizzando il processo di intervista. Se l’IA non è adeguatamente controllata, si corre il rischio che la relativa attività sia influenzata dal pregiudizio umano impresso in fase di programmazione”.

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L’uso di sistemi decisionali o di monitoraggio integralmente automatizzati richiede di comunicare al lavoratore gli aspetti del rapporto coinvolti, gli scopi e le finalità dei sistemi e il loro funzionamento.

L’introduzione e sempre maggior applicazione pratica di tecnologie caratterizzate dall’impiego di sistemi di intelligenza artificiale ha inaugurato una nuova stagione di dibattito in merito alle principali questioni etiche, sociali e giuridiche attorno all’impiego di tali tecnologie e alle relative conseguenze.
A livello comunitario è emersa la necessità di garantire che le nuove tecnologie si sviluppino nel rispetto dei diritti fondamentali e della dignità delle persone, per raggiungere finalità che non contrastino con gli interessi della collettività. A tal fine, la Commissione europea ha avanzato la Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce regole armonizzate sull’intelligenza artificiale varata a Bruxelles il 21 aprile 2021 ed approvata il 14 giugno 2023 (I.A. Act).
Il contesto lavorativo non è immune da tali cambiamenti, basti pensare, ad esempio, ai sistemi utilizzati per la gestione logistica nei magazzini nonché alle piattaforme impiegate dai rider.

L’Artificial Intelligence Act e la direttiva Trasparenza

L’A.I. Act qualifica come “sistemi ad alto rischio”, quei sistemi di intelligenza artificiale utilizzati «nel settore dell’occupazione, nella gestione dei lavoratori e nell’accesso al lavoro autonomo, in particolare per l’assunzione e la selezione delle persone, per l’adozione di decisioni in materia di promozione e cessazione del rapporto di lavoro, nonché per l’assegnazione dei compiti, per il monitoraggio o la valutazione delle persone nei rapporti contrattuali legati al lavoro». Tale classificazione deriva dal fatto che «tali sistemi possono avere un impatto significativo sul futuro di tali persone in termini di future prospettive di carriera e sostentamento».

In relazione al rapido sviluppo nell’ambiente lavorativo di sistemi automatizzati e ai rischi connessi, l’Unione Europea ha altresì sottolineato l’importanza che i lavoratori siano informati in modo completo e tempestivo sulle condizioni essenziali del loro impiego. A tal fine, il legislatore nazionale ha recepito la Direttiva Ue 2019/1152, relativa alla trasparenza e prevedibilità delle condizioni di lavoro. Ciò ha comportato l’obbligo per i datori di lavoro di fornire ai lavoratori e alle organizzazioni sindacali informazioni riguardanti l’utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati (Art. 1-bis del Dlgs 152/1997, introdotto dal decreto Trasparenza, Dlgs 104/2022). L’obiettivo, come sottolineato nelle premesse e nell’art. 1 della Direttiva UE, è quello di migliorare le condizioni di lavoro promuovendo un’occupazione più trasparente e prevedibile, mantenendo al contempo l’adattabilità del mercato del lavoro alle nuove tecnologie. La specifica informativa è richiesta quando le modalità di esecuzione delle prestazioni dei lavoratori sono organizzate tramite l’uso di sistemi decisionali e/o di monitoraggio automatizzati, che forniscono indicazioni rilevanti riguardanti l’assunzione, il conferimento dell’incarico, la gestione o la cessazione del rapporto di lavoro, l’assegnazione di compiti o mansioni e la sorveglianza, valutazione, prestazioni e adempimento delle obbligazioni contrattuali dei lavoratori.

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Digitalizzazione e sostenibilità sono due delle tematiche al centro del dibattito circa le sfide che le aziende dovranno affrontare in un futuro divenuto ormai prossimo. Ad oggi, il termine “digitalizzazione” (o “digital transformation”) indica ancora comunemente il processo di introduzione di tecnologie digitali all’interno degli ambienti di lavoro anche applicate agli strumenti messi a disposizione delle risorse per l’esecuzione delle prestazioni lavorative. Tuttavia, l’evoluzione delle tecnologie e dei processi identifica sempre di più il concetto di digitalizzazione con una vera e propria trasformazione culturale, metodologica e manageriale delle modalità di svolgimento delle attività lavorative. Tecnologia e digital transformation rappresentano gli strumenti principali per migliorare l’efficienza delle aziende in ottica di ottimizzazione, semplificazione e accelerazione dei processi e, in generale, dei rapporti con tutti gli stakeholders. Accanto a queste sfide, un secondo obiettivo che le aziende si trovano ormai a dover perseguire e che influirà sulle strategie di business e sulle scelte di governance,è connesso ai concetti di “sostenibilità” e di “sviluppo sostenibile”. L’acronimo ESG, che sta per Enviromental, Social and Governance, fa riferimento a tutte le problematiche ambientali, sociali e di amministrazione aziendale su cui le attività delle organizzazioni dovranno indirizzarsi. Tra i fattori ricompresi, oltre a quelli riconducibili alla sostenibilità ambientale (“fattore E”), vi rientrano principi quali l’inclusione e l’integrazione tra le risorse umane con conseguenze in termini di tutela dei diritti umani (“fattore S”) nel rispetto dei quali dovrà tenersi conto di variabili come le relazioni tra i dipendenti, i sistemi di remunerazione e le modalità con cui la struttura organizzativa della società viene condotta (“fattore G”). Sulla base di ciò, è opportuno considerare che accanto all’ambiente non si può prescindere dal garantire una gestione equa e sustainability oriented delle risorse.

Continua a leggere la versione integrale pubblicata su Norme & Tributi Plus Diritto de Il Sole 24 Ore.