La legge che regola i licenziamenti collettivi in Italia prevede che l’individuazione dei lavoratori sia
effettuata con l’applicazione di specifici criteri di scelta da applicare all’intero complesso
aziendale. Tuttavia, secondo un orientamento giurisprudenziale ormai unanime, da ultimo ribadito
dalla Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, con sentenza n. 3511 del 6 febbraio 2023, in presenza di
determinati presupposti, il datore di lavoro può restringere la platea dei lavoratori interessati dalla
riduzione di personale anche soltanto a quelli addetti ad un determinato reparto, settore o sede
dell’azienda. In particolare, secondo la Cassazione, le esigenze che possono giustificare suddetto
restringimento devono essere coerenti con quanto indicato dal datore di lavoro nella comunicazione
di avvio della procedura di licenziamento collettivo ufficiale, consentendo in tal modo alle
organizzazioni sindacali di verificare che: (i) l’esubero del personale sia realmente determinato
dalle ragioni strettamente collegate alle unità, reparti o settori interessati, indicate dal datore di
lavoro; (ii) i lavoratori interessati dal licenziamento non svolgano mansioni fungibili con quelle dei
dipendenti assegnati ad altri reparti o ad altre sedi aziendali non coinvolti nella riorganizzazione.
Con la sentenza n. 6902 dell’8 marzo 2023 (che segue ulteriori due pronunce del medesimo tenore: Cass. n. 5788 e n. 5796, entrambe del 24 febbraio 2023), la Suprema Corte di Cassazione ha statuito che il dipendente ceduto, che vede giudizialmente ripristinato il rapporto di lavoro con il cedente, non ha diritto alla retribuzione per il periodo intercorrente tra la data di cessione del ramo di azienda e quella della pubblicazione del provvedimento giudiziale di illegittimità della suddetta cessione e può ottenere il risarcimento del danno subito a causa dell’ingiustificato rifiuto del datore cedente di ricevere la prestazione soltanto a partire dal momento in cui abbia provveduto a costituirlo in mora.
A seguito della cessione di un ramo d’azienda – successivamente dichiarata illegittima nell’ambito di un separato giudizio – un lavoratore trasferito conveniva in giudizio la società cedente, chiedendo la condanna di quest’ultima alla liquidazione del danno consistente nella differenza tra quanto il dipendente trasferito avrebbe percepito ove il trasferimento non fosse stato posto in essere e quanto, invece, percepito presso la cessionaria.
Nell’ambito del giudizio veniva accertato che la messa in mora della società cedente da parte del lavoratore ceduto interveniva solo successivamente alla sentenza che aveva dichiarato, con efficacia ex tunc, l’illegittimità la cessione.
La Corte d’Appello accoglieva la domanda del dipendente, accertando il diritto del lavoratore ceduto al risarcimento del danno subito in conseguenza della invalida cessione, per il periodo dalla data della cessione medesima e sino alla messa in mora.
La Società cedente proponeva ricorso in Cassazione avverso la sentenza resa dalla Corte Territoriale, criticando la sentenza impugnata per aver riconosciuto importi a titolo di risarcimento danni anche per il periodo antecedente alla formale offerta della prestazione lavorativa da parte del dipendente trasferito.
La Cassazione – ribaltando quanto statuito dalla Corte d’Appello – ha rilevato che, nell’arco temporale intercorrente tra il passaggio alle dipendenze del cessionario e l’accertamento giudiziale della illegittimità della cessione, la mancanza della prestazione lavorativa in favore del cedente esclude il diritto a ricevere la retribuzione da parte del cedente.
Secondo i Giudici di legittimità, per tale periodo, il cedente può essere considerato responsabile solo del risarcimento degli eventuali danni commisurati alle mancate retribuzioni.
Il tutto, però, a condizione che il lavoratore ceduto abbia preventivamente provveduto a costituire in mora il datore di lavoro, con la messa a disposizione delle energie ovvero mediante intimazione di ricevere la prestazione.
Ed infatti – prosegue la Corte – soltanto a partire dal momento in cui il lavoratore abbia provveduto a costituire in mora il datore di lavoro cedente, lo stesso potrà ottenere, ai sensi dell’articolo 1217 cod. civ., il risarcimento del danno subito a causa dell’ingiustificato rifiuto del datore di lavoro di riceverla, detratto l’eventuale aliunde perceptum.
Su tali presupposti, la Suprema Corte ha pertanto accolto il ricorso promosso dalla società cedente, dichiarando non dovuto alcun risarcimento del danno a favore del lavoratore per il periodo intercorrente tra la cessione e la messa in mora della società cedente.c
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Nella Gazzetta Ufficiale n. 63 del 15 marzo 2023, è stato pubblicato il Decreto Legislativo n. 24 del 10 marzo 2023 (il “Decreto”) di attuazione della Direttiva (UE) 2019/1937 “riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione e recante disposizioni riguardanti la protezione delle persone che segnalano violazioni delle disposizioni normative nazionali” (c.d. Direttiva Whistleblowing).
Le disposizioni di cui al Decreto si applicano, tra le altre, ai soggetti del settore privato che nell’ultimo anno:
I soggetti del settore privato, sentite le rappresentanze o le organizzazioni sindacali, devono istituire ed attivare dei canali di segnalazione interna che garantiscano la riservatezza dell’identità (i) della persona segnalante, (ii) della persona coinvolta ovvero della persona comunque menzionata nella segnalazione nonché (iii) del contenuto della segnalazione e della relativa documentazione.
La gestione dei canali di segnalazione interna può essere affidata (i) internamente, ad una persona o ad un ufficio interno autonomo a ciò dedicato e costituito da personale specificatamente formato per la gestione del canale di segnalazione ovvero (ii) esternamente ad un soggetto terzo, anch’esso autonomo e con personale specificatamente formato. Sono, inoltre, previste specifiche modalità di gestione dei canali di segnalazione interna che dovranno essere puntualmente implementate ed applicate da parte dei datori di lavoro e le informazioni relative al canale, alle procedure e ai presupposti per effettuare le segnalazioni dovranno essere esposte e rese facilmente visibili a tutti i destinatari.
Ogni trattamento di dati personali deve essere effettuato in conformità con la normativa vigente in materia di protezione dei dati personali, oggi rappresentata dal Regolamento (UE) 2016/679 (il “GDPR”) e dal D.lgs. 196/2003 così come modificato dal D.lgs. 101/2018 (il “Codice Privacy”). I datori di lavoro destinatari della nuova normativa devono quindi adottare tutti gli adempimenti necessari richiesti dalla normativa in materia a protezione e tutela dei dati personali trattati.
Per la violazione delle disposizioni di cui al Decreto, è prevista la comminazione di sanzioni amministrative da euro 10.000 a euro 50.000:
Sono inoltre previste sanzioni da euro 500 a euro 2.500 nelle ipotesi in cui sia accertata la responsabilità penale del segnalante per i reati di diffamazione o di calunnia.
Le disposizioni di cui al Decreto hanno effetto dal 15 luglio 2023 (17 dicembre 2023 per le aziende con oltre 249 dipendenti).
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Con un comunicato stampa del 9 dicembre 2022, il Consiglio dei ministri ha reso nota l’approvazione dello schema di decreto legislativo di recepimento della Direttiva (UE) 2019/1937 sulla protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione. La nuova normativa estende l’obbligo di istituire canali di segnalazione a tutte le aziende del settore privato con più di 50 dipendenti.
Le principali misure introdotte prevedono, tra le altre, che:
le segnalazioni delle violazioni devono avere ad oggetto disposizioni normative nazionali o dell’Unione europea che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’ente privato;
oltre ai lavoratori subordinati che segnalano illeciti è stata confermata l’estensione della tutela anche a collaboratori, consulenti, volontari o tirocinanti, azionisti e coloro che ricoprono funzioni di amministrazione, direzione, controllo, vigilanza o rappresentanza oltreché ai lavoratori “in prova” o ex lavoratori, se le informazioni sulle violazioni sono state acquisite nel corso del rapporto di lavoro;
le aziende del settore privato dovranno garantire dei canali di segnalazione interni ed esterni che assicurino la riservatezza dei segnalanti e ogni trattamento di dati personali dovrà essere conforme al Regolamento (UE) 2016/679 (il “GDPR”);
tra le fattispecie che costituiscono ritorsioni rientrano, a titolo esemplificativo, il mutamento di funzioni, il licenziamento, il cambiamento del luogo di lavoro, la riduzione dello stipendio, la modifica dell’orario di lavoro, il mancato rinnovo o la risoluzione anticipata di un contratto di lavoro a termine;
l’applicazione da parte dell’ANAC di sanzioni amministrative pecuniarie fino a 50.000 euro.
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Whistleblowing: la nuova scadenza per il Governo italiano
Il commento di Vittorio De Luca sul tema Whistleblowing e tutela della privacy
Il diritto del lavoro come tema sul quale integrare maggiormente la collaborazione tra imprese estere che vogliono sbarcare in Italia, cercando, attraverso una sua maggiore conoscenza, di superare alcuni limiti che tuttora esistono verso l’attrattività del sistema Paese.
E’ anche questo l’obiettivo del nuovo manuale Italian Employment and Labour Law, curato da Vittorio De Luca, Managing Partner di De Luca & Partners, edito da Wolters Kluwer, con il contributo dei numerosi colleghi di Studio, tra cui Elena Cannone, Roberta Padula, Raffaele Di Vuolo, Debhora Scarano, Luca Cairoli e Martina De Angeli.
Siamo innanzi ad un’originale quanto preziosa guida operativa per aziende, professionisti e investitori internazionali che si trovano a dover conoscere e dover applicare le norme del sistema giuridico italiano in materia di diritto del lavoro.
“Lo scenario normativo italiano del diritto del lavoro è stato profondamente modificato negli ultimi anni da diverse riforme che hanno reso l’Italia uno dei paesi più competitivi tra quelli occidentali” spiega De Luca.
Il manuale è nato dall’idea di fornire una guida operativa ma soprattutto pratica, che rappresenti uno strumento di lavoro quotidiano per i professionisti e, in generale, per gli operatori che devono interagire con le disposizioni dell’ordinamento giuridico italiano e hanno bisogno di uno strumento di facile consultazione.
Il manuale, in lingua inglese, si prefigge dunque lo scopo di “guidare” chi non conosce il nostro ordinamento giuridico attraverso la spiegazione delle diverse forme contrattuali, delle relazioni sindacali e delle leggi sul lavoro, nonché del contesto e dei principi su cui si struttura il diritto del lavoro.
“Non nascondo che non ci dispiacerebbe se, come effetto collaterale della nostra pubblicazione, potessimo aiutare a ridimensionare i luoghi comuni che accompagnano il nostro diritto del lavoro che, troppo spesso, ha una fama che non merita e che, anche alla luce delle riforme degli ultimi vent’anni, ha reso il nostro ordinamento assolutamente competitivo con quello delle principali economie occidentali” aggiunge.
Continua qui a leggere l’intervista di Vittorio De Luca pubblicata su Businesscommunity.it.