Fino al 30 aprile 2022, al fine di prevenire la diffusione dell’infezione da SARS-CoV-2, a chiunque svolge un’attività lavorativa nel settore privato (ivi inclusi i dipendenti over 50, fermo restando l’obbligo vaccinale e il relativo regime sanzionatorio), è fatto obbligo, ai fini dell’accesso ai luoghi di lavoro, di possedere e esibire, su richiesta la certificazione verde Covid-19 (guarigione, vaccinazione o test). Tale disposizione si applica a tutti i soggetti, che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o di formazione, anche in qualità di discendenti o di volontariato, anche sulla base di contratti esterni. È escluso chi è esente dalla campagna vaccinale sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del Ministero della Salute. I lavoratori, qualora comunichino di non essere in possesso della predetta certificazione o ne risultino privi all’atto di accesso al luogo di lavoro, sono considerati assenti ingiustificati fino alla presentazione di idonea certificazione e, comunque, non oltre il 30 aprile 2022, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del posto. Per i giorni di assenza ingiustificata non sono dovuti la retribuzione o altro compenso o emolumento. Dopo il quinto giorno di assenza ingiustificata, il datore di lavoro può stipulare un contratto di lavoro per la sostituzione, comunque per un periodo non superiore a 10 giorni lavorativi, rinnovabili fino al 30 aprile 2022. E’ in ogni caso consentito il rientro immediato nel luogo di lavoro non appena il lavoratore entri in possesso della certificazione necessaria, purché il datore di lavoro non abbia già stipulato un contratto di lavoro per la sua sostituzione. A prevedere quanto sopra è l’art. 9-septies del D.L. n. 52/2021, conv. in legge, con modifiche, dalla L. 87/2021 e sue successive modifiche e integrazioni (cfr da ultimo, il D.L. 1/2022 così come modificato dall’allegato alla legge di conversione 18/2022 e il D.L. 24/2022).

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Il 5 gennaio 2022, il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente e del Ministro della salute, ha approvato un decreto-legge che introduce “misure urgenti per fronteggiare l’emergenza COVID-19, in particolare nei luoghi di lavoro, nelle scuole e negli istituti della formazione superiore”. Il decreto-legge è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dello scorso 7 gennaio ed è in vigore dal successivo 8 gennaio.

Secondo quanto dichiarato dallo stesso Consiglio dei ministri attraverso un proprio comunicato stampa, le nuove misure hanno lo scopo di “rallentare la curva di crescita dei contagi relativi alla pandemia e fornire maggiore protezione a quelle categorie che sono maggiormente esposte e che sono a maggior rischio di ospedalizzazione”.

Estensione dell’obbligo vaccinale

Tra le misure introdotte vi è l’estensione, dal giorno 8 gennaio 2022 al successivo 15 giugno, dell’obbligo vaccinale ai cittadini italiani e degli altri Stati membri residenti nel territorio dello Stato nonché ai cittadini stranieri soggiornanti o non in regola con le norme relative all’ingresso o al soggiorno in Italia che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età. L’obbligo de quonon sussiste in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale dell’assistito o dal medico vaccinatore, nel rispetto delle circolari del Ministero della salute in materia di esenzione dalla vaccinazione anti SARS-CoV-2; in tali casi la vaccinazione può essere omessa o differita”.

Sempre, ai sensi del Decreto, a far data dal prossimo 15 febbraio e fino al successivo 15 giugno, tutti i lavoratori con una età pari o superiore ai 50 anni, per accedere ai luoghi di lavoro dovranno possedere ed esibire una delle certificazioni verdi Covid-19 di vaccinazione o guarigione (c.d. “Green Pass rafforzato”).

Per i periodi in cui la vaccinazione è omessa o differita, il datore di lavoro adibirà il lavoratore interessato a mansioni, anche diverse, senza decurtazione della retribuzione, così da evitare il rischio di diffusione del contagio.

Inoltre, il Decreto in esame prevede, all’art. 3, che “il datore di lavoro (ndr indipendentemente dal requisito dimensionale) può sospendere il lavoratore per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, comunque per un periodo non superiore a dieci giorni lavorativi, rinnovabili fino al predetto termine del 31 marzo 2022, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del posto di lavoro per il lavoratore sospeso”.

Sanzioni

Premesso che le modalità di controllo resteranno quelle già in uso, i lavoratori che comunicheranno di non essere in possesso del Green Pass rafforzato o ne risultino privi all’atto di accesso, saranno considerati assenti ingiustificati. Essi avranno diritto alla conservazione del rapporto di lavoro senza alcuna conseguenza disciplinare sino alla presentazione dello stesso, e comunque non oltre il 15 giugno 2022.

Sarà vietato l’accesso ai luoghi di lavoro dei lavoratori privi del Green Pass rafforzato. La violazione di tale divieto esporrà il lavoratore ad una sanzione amministrativa da euro 600 a 1500 euro, restando ferme le conseguenze disciplinari secondo i rispettivi ordinamenti di settore. Rimane confermata la sanzione da 400 euro a 1.000 euro per i datori di lavoro in caso di inosservanza delle misure di controllo.

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Sin dall’inizio dell’emergenza sanitaria, sono state introdotte in Italia misure per garantire la pubblica sicurezza, la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro a fronte della diffusione del Covid-19. In questo contesto, è stato introdotto, per coloro che svolgono un’attività lavorativa, formativa o di volontariato, per accedere ai luoghi di lavoro l’obbligo di possedere ed esibire la certificazione verde (“Green Pass”) a dimostrazione del completamento del ciclo vaccinale, della guarigione o dell’esito negativo del tampone nelle ultime 48/72 ore. Non si è trattato inizialmente di un obbligo di vaccinazione, ma dell’obbligo per i lavoratori (autonomi o subordinati) di dimostrare di essere in possesso dei requisiti descritti per rendere la prestazione lavorativa. Questa misura è stata estesa fino al 31 marzo 2022.

Il Governo italiano, con Decreto-legge 1/2022, ha introdotto l’obbligo vaccinale quale condizione di accesso al luogo di lavoro per i lavoratori che abbiano una età pari o superiore ad anni 50 – obbligo già previsto per i lavoratori del settore sanitario e dell’intero comparto scuola -. In particolare, fino al 15 giugno 2022 è richiesto il possesso e l’esibizione del Green Pass ottenuto a seguito di vaccinazione o guarigione (“Green Pass Rafforzato”). Tale obbligo è rivolto ai cittadini italiani e ai cittadini UE residenti in Italia.

Fino al 31 marzo 2022, chiunque entri in Italia, inoltre, deve presentare: a) il digital “Passenger Locator Form” (PLF), o b) il Certificato Covid europeo da cui risulti:

  • l’avvenuta vaccinazione;
  • l’avvenuta guarigione;
  • l’avvenuta guarigione, più l’effettuazione della sola dose di vaccino prevista
  • il risultato negativo di un test antigenico rapido o molecolare (effettuati rispettivamente 48 o 72 ore prima dell’ingresso in Italia).

Versione integrale pubblicata sulla rubrica mensile “La Bussola dell’Imprenditorein collaborazione con AlteaLex Studio Legale Von Der Seipen.

È stato pubblicato il 24 dicembre 2021 in Gazzetta Ufficiale il Decreto Legge 221, intitolato “Proroga dello stato di emergenza nazionale e ulteriori misure per il contenimento della diffusione dell’epidemia da COVID-19” (il “Decreto”), in vigore dal successivo 25 dicembre.

In considerazione del rischio sanitario connesso al protrarsi della diffusione del Covid 19, lo stato di emergenza dichiarato dal Consiglio dei Ministri con delibera del 31 gennaio 2020 è stato ulteriormente prorogato al 31 marzo 2022.

A tale data sono state di conseguenza prorogate determinate previsioni in ambito lavoristico volte al contenimento del virus COVID19.

Green Pass in ambito lavorativo

Fino al 31 marzo 2022 i lavoratori, sia del settore pubblico che del settore privato, sono tenuti a possedere e esibire all’atto di accesso ai luoghi di lavoro la certificazione verde (c.d. “Green Pass”).

Pertanto

  • permane in capo ai datori di lavoro, sino a tale data, l’onere di effettuare i controlli tesi a verificare che i lavoratori siano adempienti;
  • vengono confermate le sanzioni a carico dei datori di lavoro che non effettuano i controlli e dei lavoratori trovati all’atto del controllo privi di un Green Pass valido.

È richiesto il Green Pass anche per la partecipazione a corsi di formazione se svolti in presenza.

Per lavorare è sufficiente il c.d. Green Pass base, ovverosia la certificazione verde rilasciata a seguito di tampone (molecolare o antigenico), vaccinazione o guarigione da Covid. Continuano a rimanere esclusi i lavoratori esenti dalla campagna vaccinale.

Sul punto si segnala però che lo scorso 5 gennaio il Consiglio dei ministri, su proposta del proprio Presidente e del Ministro della Salute, ha discusso nuove misure finalizzate a tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e assistenza. Tra esse, vi rientrerebbe l’obbligo vaccinale per i cittadini che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età, ad eccezione dei soggetti dichiarati esenti dal personale sanitario competente ovvero immunizzati a seguito di malattia naturale.

Qualora ciò fosse confermato, i lavoratori over 50 anni, a decorrere dal 15 febbraio p.v., dovranno esibire il c.d. Super Green pass all’atto di accesso al luogo di lavoro, ossia una delle certificazioni verdi COVID-19 di vaccinazione o di guarigione (di cui all’articolo 9, comma 2, lettere a), b) e c-bis) del decreto-legge n. 52 del 2021). I lavoratori non in possesso della suddetta certificazione saranno considerati assenti ingiustificati, con conservazione del rapporto di lavoro e senza conseguenze disciplinari sino alla presentazione della stessa, e comunque non oltre il 15 giugno 2022.

La violazione di tale divieto esporrebbe il lavoratore ad una sanzione amministrativa da euro 600 a 1500 euro.

Del decreto contenente, tra le altre, tali nuove misure si attende la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Procedura semplificata smart working

Viene prorogato al 31 marzo 2022 la procedura semplificata per la comunicazione dello smart working. Orbene, sino a tale data, non è necessario l’accordo individuale richiesto dalla disciplina ordinaria di cui alla Legge 81/2017 ed è sufficiente la notifica telematica e massiva al Ministero del Lavoro.

Sorveglianza sanitaria

Rimane confermato l’obbligo di sorveglianza sanitaria dei lavoratori maggiormente esposti al rischio di contagi, in ragione dell’età, della condizione da immunodepressione e di una pregressa infezione da Covid-19 ovvero da altre patologie che determinano particolari situazioni di fragilità. Di tali lavoratori il medico competente o quello dell’INAIL può accertare l’idoneità alla mansione a cui sono adibiti. L’inidoneità alla mansione, in ogni caso, non giustifica il recesso dal rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro.       

Prestazione lavorativa dei soggetti fragili

I lavoratori fragili, fino al prossimo 22 febbraio, continuano a svolgere di norma, secondo la disciplina prevista nei Contratti Collettivi, ove presente, la prestazione lavorativa in modalità agile. Ciò, anche attraverso l’adibizione a diversa mansione ricompresa nella medesima categoria o area di inquadramento, come definite dai contratti vigenti e specifiche attività di formazione professionale sono svolte da remoto. Con decreto del Ministro della salute, di concerto con i Ministri del lavoro e delle politiche sociali e per la pubblica amministrazione, da adottare entro 30 giorni dalla entrata in vigore del Decreto (ossia entro il 24 gennaio p.v.), verranno individuate le patologie croniche con scarso compenso clinico e con particolari connotazioni d gravita da prendere in considerazione.

Congedi parentali

Prorogate sino al prossimo 31 marzo anche le previsioni di cui all’art. 9 del D.L. 146/2021, convertito con modificazione nella Legge 215/2021 (c.d. Decreto Fiscale), le quali disciplinano i congedi parentali durante il periodo emergenziale.

In particolare, viene prorogata la possibilità per i lavoratori genitori di figli minori di 16 anni conviventi di fruire dei congedi parentali in caso di sospensione dell’attività didattica in presenza, di infezione da covid-19 o di quarantena. Tali periodi vengono indennizzati al 50% della retribuzione sino a 14 anni di età del figlio.

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Da una parte l’esigenza di salvaguardare la salute pubblica, a maggior ragione ora che una nuova ondata pandemica va prendendo piede, dall’altra il diritto alla riservatezza garantito dal sistema normativo comunitario e nazionale. È lo scenario nel quale si trovano a fare i conti molte aziende a fronte dell’obbligo per i lavoratori di possedere ed esibire il green pass. A partire da oggi il certificato si sdoppia, distinguendo, da un lato, il c.d. green pass “rafforzato” (ossia la certificazione che spetta solo a coloro che hanno concluso l’iter vaccinale e a coloro che sono guariti dal Covid-19) dall’altro il green pass “base” (che si ottiene a fronte di un tampone con esito negativo).

Il punto di partenza, ricorda Vittorio De Luca, Managing Partner dello Studio Legale De Luca & Partners, è l’articolo 32 della Costituzione, in virtù del quale “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Tale disposizione deve essere letta congiuntamente all’articolo 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea che sancisce il diritto alla riservatezza quale diritto fondamentale dell’individuo. “Dunque, il delicato bilanciamento tra diritti fondamentali effettuato dal nostro legislatore è legittimo nella misura in cui il compromesso individuato, cioè l’obbligo di esibizione della certificazione verde per accedere ai luoghi di lavoro introdotto per finalità di tutela della salute pubblica, è quello che comporta il minor sacrificio degli interessi concorrenti, vale a dire quelli privacy”, spiega l’avvocato Vittorio De Luca. Guardando a tale obbligo, anche l’Autorità Garante per la protezione dei dati personali aveva espresso parere favorevole in merito allo schema di decreto con il quale è poi stato introdotto l’obbligo di green pass nei luoghi di lavoro, evidenziando come lo stesso fosse legittimo poiché teneva conto, nel rispetto della libertà di scelta in ambito vaccinale, della disciplina della protezione dei dati personali e della disciplina in vigore in materia di certificazioni verdi.

Questo vale anche per la facoltà di consegnare al datore di lavoro copia del proprio green Pass, ottenendo in cambio l’esenzione dai controlli per tutta la durata di validità del documento? Su questo l’esperto ricorda che: “Secondo l’Autorità Garante, che si è espressa con segnalazione al Parlamento e al Governo lo scorso 11 novembre, la conservazione di una copia delle certificazioni è in primo luogo in contrasto con la normativa comunitaria (Considerando n. 48 del Regolamento (UE) 2021/953), secondo la quale, qualora la certificazione non venga utilizzata per scopi medici, non ne ammette la conservazione. Inoltre, tale trattamento di dati personali, si legge nella Segnalazione, violerebbe il principio di esattezza delle informazioni oggetto di trattamento nonché il principio di riservatezza da riconoscere al lavoratore. L’Autorità avverte che la conservazione del green pass non può essere ritenuta legittima sulla base giuridica del consenso del lavoratore e l’adozione, da parte datoriale, di misure tecniche e organizzative adeguate al grado di rischio connesso al trattamento, potrebbe causare un incremento importante di oneri, anche sotto un profilo economico”. Di conseguenza, ricorda De Luca, anche se lo scopo di questa misura è meritorio (l’intento è infatti quello di semplificare la vita in azienda, evitando controlli giornalieri), “i datori di lavoro nell’applicazione concreta potrebbero trovarsi a dover porre in essere una serie di adempimenti privacy che potrebbero avere quale conseguenza proprio quella di vanificare l’intento della previsione legislativa”.

Per altro, la legge n. 165 del 19 novembre 2021 di conversione del decreto-legge 21 settembre 2021, n. 127  è intervenuta sulla verifica del green pass per i lavoratori in somministrazione, precisando che nei loro confronti il controllo viene effettuato solo dall’utilizzatore, fermo restando l’onere in capo al somministratore di informare i lavoratori circa l’obbligo del possesso e ed esibizione del green pass. “Questa precisazione, senz’altro utile, era già stata oggetto d’attenzione da parte di Assolavoro”, ricorda l’avvocato, “con riferimento a una circolare che aveva chiarito come “l’onere dell’utilizzatore sarà […] quello di verificare il possesso del Green Pass da parte del lavoratore”, rimettendo così in capo all’utilizzatore (presso cui la prestazione viene effettivamente resa) l’onere di verificare il possesso e la validità della certificazione”. La legge di conversione non si è preoccupata invece di disciplinare un’altra ipotesi, maggiormente dibattuta, relativa a chi debba controllare il green pass dei lavoratori subordinati inviati in trasferta presso soggetti terzi, quantomeno nelle ipotesi in cui tale trasferta avvenga senza il preventivo transito presso la sede di appartenenza, lasciando in tale ipotesi ancora margini di opinabilità”, conclude De Luca.