Con sentenza 150 depositata lo scorso 16 luglio la Consulta ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 4 del D.Lgs. 4 marzo 2015, n. 23 limitatamente alle parole “di importo pari a una mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio”.
La questione di costituzionalità era stata sollevata dai Tribunali di Bari e di Roma rispettivamente con ordinanza del 18 aprile 2019 e del 9 agosto 2019 nell’ambito di giudizi aventi ad oggetto l’illegittimità dei licenziamenti intimati in violazione delle norme procedurali tra cui l’art. 7 della Legge n. 300/1970.
Ad avviso dei giudici rimettenti, il licenziamento intimato in violazione delle prescrizioni formali (i) determina l’inosservanza di disposizioni imperative, preordinate a garantire il principio di civiltà giuridica “audiatur et altera pars”, e (ii) si configurerebbe pur sempre come “un illecito che deve dar luogo ad un risarcimento “adeguato e personalizzato”, ancorché forfettizzato”.
La Consulta ha rilevato, uniformandosi ai principi espressi nella precedente sentenza n.194/2018, che il meccanismo di quantificazione dell’indennità applicato solo ai licenziamenti per vizi di natura formale “non fa che accentuare la marginalità dei vizi formali e procedurali e ne svaluta ancor più la funzione di garanzia di fondamentali valori di civiltà giuridica, orientati alla tutela della dignità della persona del lavoratore”. Difatti, tale criterio matematico non appare “congruo rispetto alla finalità di dissuadere i datori di lavoro dal porre in essere licenziamenti affetti da vizi di forma”.
Inoltre, l’anzianità di servizio “trascura la valutazione della specificità del caso concreto” ed è inidonea a esprimere “la vasta gamma di variabili che vedono direttamente implicata la persona del lavoratore”. Pertanto, essa non presenta una ragionevole correlazione con il disvalore del licenziamento affetto da vizi formali e procedurali, che il legislatore ha inteso sanzionare e che non può esaurirsi nel mero calcolo aritmetico dell’anzianità di servizio.
Per la Consulta, quindi, nel rispetto del limite minimo e massimo stabilito dal legislatore, il giudice adito, nella determinazione dell’indennità deve tener conto, innanzitutto, dell’anzianità di servizio, che rappresenta “la base di partenza della valutazione”. Ad ogni modo, il giudice non può prescindere dall’applicazione “con apprezzamento congruamente motivato” di altri criteri, che concorrono “in chiave correttiva” a rendere la determinazione dell’indennità aderente alle particolarità del caso concreto. Tra questi rilevano la gravità delle violazioni, ai sensi dell’art. 18, sesto comma, della Legge n. 300/1970, il numero degli occupati, le dimensioni dell’impresa, il comportamento e le condizioni delle parti, richiamati dall’art. 8 della Legge n. 604 del 1966.
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La Corte di Cassazione, con sentenza n. 17248 del 2 luglio 2018, ha affrontato la questione della tutela del lavoratore in presenza di una serie di contratti a tempo determinato. In particolare, secondo la Suprema Corte l’indennità compresa nel range tra le 2,5 e le 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto di cui all’art. 32, comma 5, della Legge 183/2000 (oggi abrogato), da riconoscersi al lavoratore a seguito della conversione del rapporto a tempo indeterminato, deve necessariamente tenere conto dei pregiudizi, retributivi e contributivi, subiti dallo stesso nel periodo compreso tra la scadenza del contratto e la sentenza di ricostituzione del rapporto. A parere della Corte, l’indennità in questione, invece, non può ritenersi applicabile ai periodi di effettiva prestazione lavorativa durante i quali il lavoratore non può aver subito conseguenze negative né sul piano salariale né su quello contributivo. Secondo la Corte di Cassazione, con riferimento a questi periodi non opera il principio di omnicomprensività dell’indennità ex art. 32 della Legge 183/2000 ed il lavoratore ha diritto alla computazione degli stessi ai fini dell’anzianità di servizio e della maturazione dei relativi scatti di anzianità. In altri termini detto diritto non può essere intaccato ed inglobato nell’indennizzo forfettizzato del danno causato dal non lavoro.