L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (“INL”), con nota 5398/2019, ha fornito il proprio parere in merito ad una ipotesi di distacco transnazionale di lavoratori, effettuato da un’impresa stabilita in uno Stato della UE in favore di una propria unità produttiva ubicata in Italia.
Caso di specie
Gli ispettori hanno contestato una fattispecie di distacco non autentico, ai sensi dell’art. 3, comma 5, del D.Lgs. 136/2016, nei confronti del medesimo datore di lavoro che assume la veste di soggetto distaccante e soggetto distaccatario.
Gli ispettori pur riscontrando due distinte condotte illecite – distacco dei lavoratori da parte della sede principale dell’impresa ed utilizzo degli stessi da parte della sede italiana della medesima impresa – hanno ascritto le stesse ad un unico soggetto, non potendo individuare due soggetti datoriali distinti.
Normativa di riferimento
L’art. 3, comma 5, del D.Lgs 136/2016 dispone che “nelle ipotesi in cui il distacco non risulti autentico il distaccante e il soggetto che ha utilizzato la prestazione dei lavoratori distaccati sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria di 50 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione”.
Risulta così punita tanto la condotta dell’invio in distacco dei lavoratori da parte della impresa distaccante, quanto quella concernente l’utilizzo dei medesimi lavoratori da parte del soggetto distaccatario.
Ci si è posti, pertanto, il problema di valutare se l’unico soggetto – distaccante e distaccatario – dovesse essere condannato alla doppia sanzione, in considerazione della duplice violazione.
Le conclusioni dell’INL
Prima di entrare nel merito del quesito l’INL ha evidenziato che l’unità produttiva di una determinata impresa può considerarsi autonoma sede secondaria, nei confronti della quale contestare illeciti e adottare relativi provvedimenti sanzionatori, solo se costituisce un distinto centro di responsabilità. Ciò si verifica allorquando la sede secondaria/unità produttiva costituisce un mero ufficio di rappresentanza, con funzioni esclusivamente promozionali e pubblicitarie, di raccolta di informazioni, di ricerca scientifica o di mercato, o svolge, ad esempio, un’attività preparatoria all’apertura di una filiale operativa.
In altri termini, a parere dell’INL, la sede secondaria di una compagine aziendale può configurarsi come distinto soggetto giuridico qualora risulti iscritto nel registro delle imprese e identificato in Italia tramite un proprio rappresentante legale.
Nel caso di specie, sempre secondo l’INL, sembrerebbe non riscontrarsi un’alterità tra il soggetto distaccante e l’impresa utilizzatrice, poiché i lavoratori risulterebbero inviati dalla sede principale dell’impresa distaccante estera presso una propria unità produttiva ubicata in Italia, priva di una autonoma
rappresentanza legale e gestita esclusivamente da un preposto nominato dalla medesima sede principale.
In considerazione di quanto sopra esposto nel caso di specie, stante l’appartenenza dell’impresa distaccante e dell’impresa distaccataria alla medesima organizzazione datoriale, trova applicazione una sola sanzione da comminare all’unico soggetto dotato di personalità giuridica, ossia il distaccante.
Il 12 agosto 2018 è entrata in vigore la legge di conversione n. 96/2018 del D.L. n. 87/2018 (c.d. Decreto Dignità), che ha, tra l’altro, reintrodotto all’art. 38 bis del D.Lgs. n. 81/2015, il reato di somministrazione fraudolenta.
Tale reato – previsto già dalla Legge Biagi n. 276/2003 e poi abolito dal Jobs Act – si configura in tutti i casi in cui “la somministrazione di lavoro è posta in essere con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore”.
L’illecito in questione è punito con l’applicazione, sia per l’utilizzatore sia per il somministratore, della sanzione penale dell’ammenda di 20 euro per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di somministrazione.
Resta in ogni caso ferma l’applicazione dell’art. 18 del D.Lgs. n. 276/2003 che punisce il solo utilizzatore con la sanzione amministrativa pari ad euro 50 per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di occupazione. La suddetta sanzione non può, in ogni caso, essere inferiore a euro 5.000 né superiore a euro 50.000.
Ciò premesso, l’Ispettorato Nazionale del lavoro (l’“INL”), con circolare n. 3 del giorno 11 febbraio 2019, ha passato in rassegna le varie ipotesi in cui può realizzarsi la somministrazione fraudolenta.
Appalto illecito
Il reato di somministrazione fraudolenta si può realizzare innanzitutto a fronte dell’utilizzo illecito dello schema negoziale dell’appalto.
L’appalto illecito ricorre laddove l’appalto sia stipulato in assenza dei requisiti di cui all’art. 1655 cod. civ., al fine di eludere norme inderogabili di legge o contrattuali (vedasi circolare del Ministero del Lavoro 5/2011).
A fronte di tale illecito, gli ispettori del lavoro sono tenuti all’adozione della prescrizione obbligatoria nei confronti:
Inoltre, nei confronti del committente-utilizzatore fraudolento, può essere adottato il provvedimento di diffida accertativa per le somme maturate dai lavoratori impiegati nell’appalto a titolo di differenze retributive non corrisposte.
Altre ipotesi
Secondo l’INL, il reato di somministrazione fraudolenta può realizzarsi anche al di fuori delle ipotesi dell’appalto illecito. In particolare, può verificarsi:
A titolo esemplificativo, l’INL ha individuato una somministrazione fraudolenta allorquando un datore di lavoro licenzi un proprio dipendente per riutilizzarlo tramite agenzia di somministrazione, violando norme di legge o di contratto collettivo.
Sanzioni
Nelle ipotesi di appalto e distacco illecito, stante la lettera dell’art. 38 bis del D.Lgs. n. 81/2015, troverà applicazione la sanzione amministrativa di cui all’articolo 18 del D.Lgs. n. 276/2003 ed il personale ispettivo dovrà:
L’INL precisa che per la sanzione amministrativa di cui all’art. 18 non è ammessa la procedura di diffida.
Laddove il personale ispettivo riscontri anche la finalità fraudolenta, sarà possibile adottare altresì il provvedimento di diffida accertativa.
Nel caso in cui l’intento fraudolento sia ravvisato in ipotesi di somministrazione conforme alle disposizioni normative troverà applicazione esclusivamente la sanzione di cui all’art. 38 bis del D.Lgs. n. 81/2015 con conseguente adozione della prescrizione obbligatoria e del provvedimento di diffida accertativa nei confronti dell’utilizzatore.
Infine, anche nell’ipotesi di distacco transnazionale “non autentico” troverà applicazione la sanzione dell’art. 38 bis del D.Lgs. n. 81/2015, nella misura in cui il distacco, come talvolta avviene, sia funzionale all’elusione delle disposizioni dell’ordinamento interno e/o del contratto collettivo applicato dal committente italiano.
In particolare, perché si possa configurare la violazione dell’art. 38 bis, non è sufficiente accertare che la condotta abbia prodotto effetti sotto il profilo della applicazione elusiva del regime previdenziale straniero, ma è necessario altresì accertare la violazione degli obblighi delle condizioni di lavoro ed occupazione di cui all’art. 4 del D.Lgs. n. 136/2016.
Regime intertemporale
La dottrina e la giurisprudenza sono concordi nel ritenere la somministrazione fraudolenta un reato permanente, atteso che la condotta risulta caratterizzata da un intento elusivo di norme contrattuali o imperative che trova ragione d’essere in una apprezzabile continuità dell’azione antigiuridica.
Secondo l’INL, la natura permanente dell’illecito comporta che l’offesa al bene giuridico si protrae per tutta la durata della somministrazione fraudolenta, coincidendo la sua consumazione con la cessazione della condotta antigiuridica.
Di conseguenza, alla luce dei principi espressi dall’art. 1 del Codice Penale (“nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge, né con pene che non siano da essa stabilite”) e 2 (“nessuno può essere punito per un fatto che, secondo la legge del tempo in cui fu commesso, non costituiva reato”) nonché dell’orientamento della giurisprudenza, si deve ritenere che, per le condotte di somministrazione fraudolenta che abbiano avuto inizio prima del 12 agosto 2018 e che si siano protratte successivamente a tale data, il reato di cui all’art. 38 bis del D.Lgs. n. 81/2015 si possa configurare solo a decorrere dal 12 agosto 2018, con conseguente commisurazione della relativa sanzione per le sole giornate successive a tale data.
Per il periodo precedente al 12 agosto 2018, resta invece ferma l’applicazione in via esclusiva delle sanzioni di cui all’art. 18 del D.Lgs. n. 276/2003.
Notizie correlate:
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), con nota prot. n. 6316 del 18 luglio 2018, ha fornito il proprio parere in merito alla natura giuridica dell’illecito relativo all’omessa assunzione dei soggetti disabili o appartenenti alle categorie protette di cui all’art. 15, comma 4, Legge n. 68/1999. Secondo l’INL il predetto illecito deve essere configurato come istantaneo ad effetti permanenti. Istantaneo in ragione del fatto che la condotta omissiva si consuma nel momento in cui spira il termine previsto ex lege, senza che il soggetto sul quale grava l’obbligo giuridico di assunzione entro il 60° giorno dall’insorgenza dell’obbligo vi adempia. Permanente, in virtù del protrarsi degli effetti offensivi della condotta così perfezionatasi nel tempo fino a quando la situazione antigiuridica non viene rimossa. Qualificare un illecito come istantaneo comporta una serie di ripercussioni in materia di norma applicabile, in caso di successione di leggi nel tempo. Nei confronti degli illeciti commessi sotto la vigenza della vecchia norma – i cui effetti continuano a prodursi anche dopo l’entrata in vigore, l’8 ottobre 2016, della nuova misura sanzionatoria prevista dall’art. 5, comma 1 lett. b), del D.L. n. 185/2016 – troverà applicazione la sanzione vigente al momento in cui l’illecito si è perfezionato, in ossequio al principio “tempus regit actum”. Anche con riferimento alla decorrenza dei termini di prescrizione bisognerà fare riferimento, al momento in cui la condotta illecita si è consumata.
L’art. 1, comma 910, della Legge n. 205/2017 (cd. Legge di Bilancio 2018) ha disposto che, far data dal 1° luglio 2018, i datori di lavoro o i committenti debbono corrispondere ai lavoratori la retribuzione, nonché ogni anticipo di essa, attraverso una banca o un ufficio postale per il tramite di uno dei seguenti mezzi di pagamento: a) bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore; b) strumenti di pagamento elettronico; c) pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento; d) emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato. Sul punto l’Ispettorato nazionale del lavoro (Inl), con la nota n. 6201 del 16 luglio 2018, ha precisato che i suddetti mezzi di pagamento riguardano esclusivamente gli elementi della retribuzione. Pertanto, sempre a parere dell’Inl, il loro utilizzo non è obbligatorio per la corresponsione di somme erogate a diverso titolo, quali anticipi di cassa effettuati per spese che i lavoratori devono sostenere nell’interesse dell’azienda e nell’esecuzione della prestazione (es. rimborso spese viaggio, vitto, alloggio).
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con la nota n. 290 del 12 gennaio 2018, ha fornito un parere in merito alla compatibilità della formazione in un contratto di apprendistato con il distacco ai sensi dell’articolo 30 del Decreto Legislativo n. 276/2003. In proposito, l’Ispettorato del Lavoro non ravvisa ostacoli alla possibilità di avvalersi dell’istituto del distacco nei rapporti di apprendistato fermo restando il rispetto dei requisiti di legge. In particolare, in ordine alla sussistenza dell’interesse del distaccante, all’espressa previsione del distacco nel piano formativo individuale del lavoratore ed infine alla presenza di un tutor adeguato messo a disposizione dal datore di lavoro. Per quanto riguarda la figura di quest’ultimo soggetto, l’Ispettorato, nel richiamare quanto già affermato dal Ministero del Lavoro con la circolare n. 40/2004, ha osservato che (i) qualora in azienda sia presente un numero idoneo di specializzati, non è assolutamente rilevante la loro localizzazione nell’unità produttiva in cui operano gli apprendisti e (ii) questo discorso vale sia per l’attività di formazione “a distanza” e che per l’attività di “tutoraggio”. In tali casi la condizione è che il tutor sia in grado di garantire l’integrazione fra l’eventuale formazione esterna e quella interna, potendo egli assumere anche solo “la funzione di controllo in ordine alla regolarità ed alla qualità della formazione svolta dal soggetto apprendista”.