Con l’ordinanza n. 17450 del 25 giugno 2024, la Corte di Cassazione – nel confermare il proprio precedente orientamento – ha statuito che il caso di accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro solo formalmente autonomo non trova applicazione il regime indennitario tipico dei contratti a termine, bensì quello risarcitorio a decorrere dalla costituzione in mora.

Il fatto affrontato

Una giornalista, che aveva stipulato con la società plurimi contratti di lavoro autonomo a tempo determinato in un arco temporale di quasi 12 anni, ricorreva giudizialmente al fine di ottenere l’accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, nonché la condanna del datore di lavoro all’integrale risarcimento del danno, pari alle retribuzioni maturate dalla costituzione in mora successiva alla scadenza dell’ultimo contratto di lavoro autonomo e fino all’effettiva riammissione in servizio.

La Corte d’Appello accoglieva parzialmente la predetta domanda, accertando, da un lato, la natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso tra le parti, ma rigettando, dall’altro, la domanda risarcitoria nei termini richiesti dalla lavoratrice.

In merito a tale ultimo aspetto, la Corte d’Appello precisava che, anche con riferimento al contratto di lavoro a tempo determinato solo formalmente autonomo, trova applicazione il regime indennitario tipico dei contratti a termine, ovverosia l’indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità.

L’ordinanza

La Suprema Cassazione – adìta in via principale dalla lavoratrice nonché, in via incidentale, dalla società – ha rilevato preliminarmente che, in ipotesi di accertamento di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, non trova applicazione il regime indennitario relativo ai contratti a termine.

Secondo i Giudici di legittimità, infatti, la normativa relativa ai contratti a tempo determinato (recante la previsione di un importo variabile da 2,5 a 12 mensilità) trova applicazione in caso di declaratoria di illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro subordinato, ipotesi non sovrapponibile al caso di specie.

Secondo quanto statuito dagli Ermellini, in caso di riqualificazione del contratto di lavoro autonomo – che presuppone una approfondita indagine giudiziale condotta sulla base di indici ritenuti rivelatori di un determinato atteggiarsi dei diritti, degli obblighi e dei poteri delle parti – spetta al lavoratore il risarcimento integrale del danno, in misura pari alle retribuzioni maturate dalla costituzione in mora sino alla effettiva riammissione in servizio.

Alla luce di quanto sopra, la Suprema Corte ha accolto il motivo di ricorso proposto dal lavoratore, cassando con rinvio l’impugnata pronuncia.

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Con la definitiva approvazione del c.d. Jobs Act del lavoro autonomo – allo stato in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale – è stata introdotta nell’ordinamento italiano una riforma finalizzata alla tutela economico e sociale dei lavoratori autonomi che svolgono la loro attività in forma non imprenditoriale. Sul piano della tutela economica, si segnala che il provvedimento considera abusive, con conseguente diritto del lavoratore autonomo al risarcimento dei danni, le clausole (i) che attribuiscono al committente il diritto di recedere dal contratto senza congruo preavviso nonché di modificare unilateralmente le condizioni ivi previsti e (ii) con le quali le parti concordano termini di pagamento superiori a 60 giorni. Analogamente, è considerata abusiva la condotta del committente che si rifiuti di stipulare il contratto in forma scritta. Anche in tale caso, il lavoratore autonomo avrà diritto al risarcimento dei danni. Si segnalano, inoltre, l’applicazione della disciplina prevista in materia di abuso di dipendenza economica e la previsione del riconoscimento, in capo al lavoratore autonomo, dei diritti di utilizzazione economica relativi ad apporti originali e invenzioni realizzati nell’esecuzione del contratto, salvo il caso in cui l’attività inventiva sia prevista come oggetto del contratto medesimo e compensata. Queste sono solo alcune delle principali novità introdotte dal Jobs Act del lavoro autonomo ma appaiono già sufficienti per indurre i committenti a valutare attentamente l’opportunità di contrattualizzare in modo adeguato i rapporti in essere e futuri con i lavoratori autonomi.

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