La Legge 30 dicembre 2023, n. 213, recante il “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2024 e bilancio pluriennale per il triennio 2024-2026”, entrata in vigore il 1° gennaio 2024, ha introdotto alcune novità rivolte a lavoratori e imprese.
Di seguito una sintesi delle previsioni di maggiore interesse in materia di lavoro e previdenza sociale:
Lavoro
Previdenza
In data 29 dicembre 2022 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge n. 197/2022, rubricata “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025” (di seguito “Legge di Bilancio”).
La citata normativa, tra le varie misure, ha introdotto per l’anno 2023 alcuni esoneri contributivi. In particolare, i datori di lavoro che nell’anno 2023 assumeranno con contratto di lavoro a tempo indeterminato lavoratori di età inferiore a 36 anni potranno beneficiare dell’esonero totale dei contributivi previdenziali fino a un importo massimo di 8.000 euro e per un periodo massimo di 36 mesi. Tale esonero è riconosciuto anche nell’ipotesi di trasformazione di un contratto a tempo determinato (in uno a tempo indeterminato) intercorsa nel medesimo anno. L’agevolazione in commento viene concessa (e questa è una novità) anche nell’ipotesi di assunzione di soggetti che percepiscono il “reddito di cittadinanza”.
Inoltre, il beneficio contributivo sopra indicato viene garantito qualora l’assunzione a tempo indeterminato (o la trasformazione) riguardi lavoratrici che, a prescindere dall’età anagrafica, risultino (i) prive di impiego da almeno 24 mesi o (ii) disoccupate da almeno 6 mesi qualora siano residenti in aree cd. svantaggiate.
Le agevolazioni introdotte non riguardano solo gli oneri contributivi ma anche quelli di natura fiscale. Sul punto, infatti, la Legge di Bilancio ha previsto la riduzione dell’aliquota fiscale dei cd. “premi di produttività” che passa dal 10% al 5% fino ad un importo massimo di euro 3.000. La detassazione è applicabile, quindi, ai premi di risultato di ammontare variabile la cui corresponsione sia legata a incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione, definiti nell’ambito di un contratto collettivo aziendale o territoriale. Inoltre, tale agevolazione si applica in favore di coloro che nell’anno precedente abbiano conseguito un reddito di lavoro dipendente non superiore a euro 80.000.
Da ultimo, la Legge di Bilancio ha prorogato sino al fino al 31 marzo 2023 il diritto per i lavoratori c.d. “fragili” di svolgere l’attività lavorativa in modalità agile (cd. smart working). Per le altre categorie di lavoratori, invece, lo svolgimento dell’attività lavorativa in modalità di lavoro agile è ammesso solo previa sottoscrizione di un accordo individuale tra il datore di lavoro e il dipendente ai sensi e per gli effetti degli artt. 18 e ss., Legge n. 81 del 22 maggio 2017.
La nuova Legge di Bilancio per l’anno 2023 introduce importanti novità in tema di diritto del lavoro, muovendosi su varie direttive.
Anche per l’anno 2023 si è concluso l’iter, come da prassi non privo di difficoltà, che ha portato all’approvazione del Legge di Bilancio per l’anno 2023. Il testo definitivo, Legge n. 197 del 29 dicembre 2022 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 303 il 29 dicembre 2022 ed è entrato in vigore dal 1° gennaio 2023. Non sono pochi gli argomenti messi in capo della Legge di Bilancio 2023 (alcuni, decisamente innovativi, come quello sulla riforma del reddito di cittadinanza) dove la materia del lavoro e della previdenza sociale hanno, come di consueto, mantenuto un ruolo principale.
Di seguito si riporta un focus dei principali cambiamenti introdotti dalla Legge di Bilancio 2023 in materia di diritto del lavoro e previdenziale.
Disciplina Transitoria della c.d. Riforma Cartabia
La Legge di Bilancio 2023 sostituisce integralmente l’art. 35 del D.lgs. 149/2022 (noto come Riforma Cartabia) rubricato “Disciplina Transitoria”, anticipando gli effetti della entrata in vigore della riforma.
In particolare, viene anticipata la generale operatività della Riforma Cartabia al 28 febbraio 2023 (rispetto all’originaria previsione del 30 giugno 2023), salvo che non sia diversamente stabilito.
La predetta modifica ha interessato, tra le altre disposizioni, anche l’eliminazione del c.d. doppio binario del processo Fornero nonché la possibilità di accedere alla negoziazione assistita nelle controversie di lavoro tramite l’assistenza di legali. Ma vediamole nel dettaglio.
In primo luogo, la Riforma Cartabia, inserendo l’articolo 2-ter al decreto-legge 12 settembre 2014, n. 132, introduce la negoziazione assistita nelle controversie di lavoro di cui all’articolo 409 cod. proc. civ.
Nello specifico, la norma prevede la possibilità per le parti (datore di lavoro/committente e lavoratore/collaboratore) di ricorrere alla negoziazione assistita, tramite l’aiuto di un avvocato ovvero un consulente del lavoro.
Si precisa che la negoziazione assistita in ambito lavorativo è facoltativa e, pertanto, non costituisce condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
Altra importante novità è che l’accordo raggiunto tra le parti con la negoziazione assistita è equiparato ad una conciliazione in cd. “sede protetta” (ai sensi dell’art. 2113, quarto comma, del codice civile) e, come tale, rappresenta un titolo esecutivo. L’accordo, infatti, dovrà essere trasmesso, a cura di una delle due parti, ad una Commissione di Certificazione entro i dieci giorni successivi dalla sottoscrizione.
Inizialmente tale disposizione sarebbe, dunque, stata efficace solo a partire dal prossimo 30 giugno 2023, mentre, come anticipato, la Legge di Bilancio 2023 ne anticipa l’entrata in vigore al 28 febbraio 2023.
Con riferimento poi al c.d. Rito Fornero, nella prospettiva della semplificazione della disciplina processuale, la riforma Cartabia porta al superamento del doppio binario creato dalla Legge Fornero, abolendolo definitivamente.
La riforma introduce, infatti, un nuovo capo I-bis, al libro II, titolo IV, del Codice di procedura civile rubricato “Delle controversie relative ai licenziamenti”, dedicato alle liti riguardanti i licenziamenti nelle quali il dipendente propone la domanda di reintegrazione nel precedente posto di lavoro, con contestuale abrogazione dei commi da 47 a 69 dell’art. 1 della legge 92/2012 (appunto, il Rito Fornero). Si stabilisce, pertanto, che il solo rito applicabile per queste controversie sarà il processo ordinario del lavoro, pur con la previsione di una corsia preferenziale per le controversie aventi ad oggetto l’impugnazione dei licenziamenti con richiesta di reintegra.
Anche in questo caso, la novella doveva inizialmente entrare in vigore a decorrere dal prossimo 30 giugno 2023, termine anticipato al 28 febbraio 2023 grazie alla Legge di Bilancio 2023, per tutti i procedimenti instaurati a decorrere da tale data.
Lavoro Agile
La Legge di Bilancio 2023 interviene in materia di lavoro agile (più comunemente conosciuto come “smart working”), restringendo la platea dei lavoratori che avranno il diritto di svolgere la prestazione lavorativa con tale modalità. Fino al 31 marzo 2023, infatti, solo i lavoratori fragili, sia del settore pubblico che del privato, avranno diritto di svolgere la prestazione lavorativa da remoto. Il datore di lavoro, dunque, non potrà sottrarsi alle richieste pervenute da parte dei lavoratori appartenenti a tale categoria, dovendo assicurare lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità di lavoro agile.
Quanto sopra anche attraverso l’adibizione del lavoratore ad una diversa mansione ricompresa nella medesima categoria professionale o area di inquadramento, come definite dai contratti collettivi di lavoro applicati al rapporto di lavoro, nonché senza alcuna riduzione della retribuzione in godimento dal lavoratore.
Rientrano nella categoria di lavoratori fragili, i soggetti affetti dalle patologie elencate dal decreto interministeriale del Ministero Della Salute del 4 febbraio 2022, il quale individua le patologie croniche con scarso compenso clinico e con particolare connotazione di gravità, come previsto dal comma 2 dell’articolo 17, del decreto-legge 24 dicembre 2021, n. 221.
La Legge di Bilancio 2023, viceversa, non prevede più il diritto a svolgere la prestazione lavorativa in modalità di lavoro agile per i lavoratori che abbiano almeno un figlio minore di 14 anni che restano, pertanto, esclusi.
Congedo parentale
Tra le misure della Legge di Bilancio 2023 riservate alla famiglia, vi è un rafforzamento del trattamento economico riconosciuto in occasione del congedo parentale.
Nello specifico, la Legge di Bilancio in commento, al comma 359 dell’articolo 1, integra il primo periodo del comma 1 dell’articolo 34 del D.lgs. n. 151/2001 che disciplina il trattamento economico riconosciuto al lavoratore durante la fruizione del congedo parentale. La novità riguarda l’aumento dal 30% all’80% dell’indennità spettante alla madre o al padre lavoratore limitatamente ad un periodo (ovvero ad un complesso di periodi) non superiori ad un mese e compreso entro il sesto anno di vita del bambino (ovvero entro il sesto anno dall’ingresso in famiglia del bambino in caso di adozione o affidamento).
Il beneficio, che potrà essere fruito, in via alternativa, da uno dei due genitori, si applica al lavoratore che termina il periodo di congedo di maternità o, in alternativa, di paternità successivamente al 31 dicembre 2022. In altri termini, se i congedi obbligatori sono iniziati nell’anno 2022 e non ancora terminati al 1° gennaio 2023, il dipendente che farà richiesta del congedo parentale avrà diritto all’incremento retributivo seppure nei limiti sopra richiamati.
Assunzioni incentivate
Con l’obiettivo di promuovere l’ingresso nel mondo del lavoro dei soggetti beneficiari del reddito di cittadinanza, delle donne e dei giovani, la Legge di Bilancio 2023 prevede importanti sgravi contributivi per le aziende che assumo tali lavoratori. I benefici contributivi – in quanto aiuti di stato – sono, in ogni caso, condizionati all’autorizzazione da parte della Commissione Europea.
Nello specifico, per tutto il 2023, i datori di lavoro privati che assumono con contratto di lavoro a tempo indeterminato – anche a seguito di trasformazione di contratti a termine in contratti a tempo indeterminato effettuate sempre nel medesimo anno 2023 – soggetti beneficiari del reddito di cittadinanza, hanno diritto ad un esonero del 100% dal versamento dei contributi a loro carico. Restano esclusi dall’esonero i premi e contributi dovuti all’INAIL e resta ferma l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche.
Tra le esclusioni, rientrano anche le assunzioni effettuate dalla pubblica amministrazione nonché i rapporti di lavoro domestico.
L’esonero è riconosciuto per un periodo massimo di dodici mesi e nel limite massimo di importo pari a 8.000 euro su base annua, riparametrato e applicato su base mensile.
Infine, l’agevolazione contributiva è alternativa all’esonero previsto dall’art. 8, comma 296, del Decreto-legge n. 4/2019, il quale pure garantisce uno sgravio contributivo per l’assunzione dei percettori del reddito di cittadinanza nel limite dell’importo mensile del reddito di cittadinanza percepito dal lavoratore al momento dell’assunzione e, in ogni caso, per un importo non superiore a 780 euro mensili e per un periodo non inferiori a 5 mensilità.
Con riferimento poi all’assunzione incentivata dei giovani, al fine di promuovere una occupazione giovanile stabile, la Legge di Bilancio in commento, proroga per tutto l’anno 2023 la disciplina dell’esonero contributivo per l’assunzione di giovani con età inferiore a 36 anni (in scadenza al 31 dicembre 2022), riconosciuto per tutte le nuove assunzioni a tempo indeterminato (ovvero trasformazioni da tempo determinato a tempo indeterminato) effettuate nel corso del 2023.
La misura dell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali è pari al 100% della quota dovuta, ma nel limite di 8.000 euro annui per singolo lavoratore, per una durata complessiva di 36 mesi (estendibile a 48 mesi in caso di assunzione effettuata in una sede ovvero unità produttiva sita in un paese del sud Italia).
Ai fini dell’accoglimento dell’agevolazione contributiva, è previsto che il lavoratore non abbia mai avuto un contratto di lavoro a tempo indeterminato nell’arco dell’intera vita lavorativa e che non abbia, al momento dell’assunzione o della trasformazione del contratto a tempo indeterminato, compiuto il trentaseiesimo anno di età.
Viene, infine, prorogata anche la disciplina dell’esonero contributivo per l’assunzione di donne di qualsiasi età, in scadenza al 31 dicembre 2022, per le nuove assunzioni a tempo indeterminato (ovvero trasformazioni da tempo determinato a tempo indeterminato) effettuate nel corso dell’anno 2023.
Anche per tale agevolazione, la misura dell’esonero è pari al 100% dei contributi previdenziali, nel limite di 8.000 euro annui.
In particolare, l’agevolazione contributivo può essere fruita per l’assunzione o trasformazione di lavoratrici donne appartenenti ad una delle seguenti categorie:
(i) donne prive di occupazione da oltre 12 mesi e con almeno 50 anni di età;
(ii) donne di qualsiasi età, disoccupate da almeno 6 mesi e residenti in regioni ammissibili ai finanziamenti nell’ambito dei fondi strutturali dell’Unione Europea (regioni individuate periodicamente dalla carta degli aiuti a finalità regionale approvata dalla Commissione Europea);
(iii) donne di qualsiasi età, prive di impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi, occupate in una professione o settore economico caratterizzati da un’accentuata disparita` occupazionale di genere, e cioè da un tasso di disparità uomo-donna che supera almeno del 25% la disparità media uomo-donna sulla base delle elaborazioni effettuate periodicamente dall’Istat);
(iv) donne di qualsiasi età, prive di impiego regolarmente retribuito da almeno 24 mesi, indipendentemente dalla regione di residenza.
Infine, sempre in tema di agevolazioni contributive, questa volta a beneficio del lavoratore dipendente, la Legge di Bilancio 2023 ha previsto che per tutto il 2023 un esonero sulla quota dei contributi previdenziali INPS a carico dei lavoratori dipendenti del settore privato, nella misura pari al 2% purché la retribuzione lorda mensile non ecceda l’importo di Euro 2.692 lordi, maggiorato per la competenza del rateo di tredicesima.
Inoltre, in caso di dipendenti con retribuzione imponibile mensile inferiore all’importo di Euro 1.923 lordi, maggiorato per la competenza del mese di dicembre del rateo di tredicesima, il predetto esonero contributivo sarà pari al 3%.
Da tale agevolazione restano esclusi i lavoratori domestici.
La Legge di Bilancio 2023 (L. n. 197/2022) è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale del 29 dicembre 2022 ed entra in vigore dal 1° gennaio 2023, introducendo le seguenti importanti novità in ambito di diritto del lavoro:
Lavoro Agile: dal 1° gennaio 2023 si restringe la platea dei lavoratori che avranno il diritto di svolgere la prestazione lavorativa in modalità di lavoro agile. Fino al 31 marzo 2023, infatti, solo i soggetti c.d. “fragili” ne avranno diritto, restando esclusi i lavoratori con figli under 14.
Congedo parentale: viene introdotto un mese in più di congedo parentale facoltativo e retribuito all’80%. Il congedo potrà essere fruito da uno dei due genitori, in via alternativa, fino ai sei anni di vita del bambino.
Agevolazioni assunzioni a tempo indeterminato: per tutto il 2023 sono previste agevolazioni in favore delle assunzioni a tempo indeterminato con una soglia di contributi fino a 8 mila euro per chi ha già un contratto a tempo determinato e in particolare per le donne under 36 e per i percettori del reddito di cittadinanza.
Premi di produttività: dal 2023 la tassazione dei premi di produttività passerà dal 10% al 5%. La tassazione agevolata si applica su premi, di ammontare variabile, di importo non superiore a 3 mila euro.
Redditi occasionali: viene ampliata la possibilità di ricorrere a prestazioni di lavoro occasionale, attraverso l’aumento da 5 a 10 mila euro annui del limite massimo dei compensi che possono essere corrisposti da ciascun utilizzatore. Si potrà ricorrere a tali prestazioni occasionali anche per le attività agricole, nonché da parte di utilizzatori con un numero di dipendenti con contratto a tempo indeterminato fino a dieci, anziché a cinque.
Voucher: tornano i buoni lavoro per le prestazioni occasionali (c.d. voucher) con un limite di utilizzo che sale da 5 a 10 mila euro, per le prestazioni occasionali rese in determinati settori, tra cui, quello per le attività agricole, per l’industria alberghiera, per le attività di cura della persona nonché per il lavoro domestico.
Pensioni: diverse novità ci sono sul fronte pensioni. Confermato il rinnovo per l’anno 2023 dell’APE sociale e la proroga Opzione donna 2023, quest’ultima con qualche limitazione sui requisiti rispetto alla misura originaria (solo per caregiver, donne con invalidità e dipendenti di aziende in crisi). Introduzione della nuova “Quota 103” che prevede il raggiungimento del requisito pensionistico al compimento del 62° anni d’età ed il versamento di 41 anni di contributi, ma che troverà applicazione solo per l’anno 2023. Infine, al via anche nuovo sistema di rivalutazione delle pensioni per gli anni 2023 – 2024.
Lavoro autonomo: il regime forfettario che prevede una tassazione con aliquota al 15%, si applicherà sui ricavi fino a 85.000 euro, al posto dei 65.000 attuali.
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La legge di Bilancio 2022 (la 234/2021) ha introdotto nel nostro sistema giuridico una inedita quanto articolata procedura, destinata ai datori di lavoro con almeno 250 lavoratori, con lo scopo dichiarato di garantire la salvaguardia del tessuto occupazionale e produttivo. Ora, con il cosiddetto decreto Aiuti ter (il 144/2022), il Governo ha apportato alcuni correttivi – tutti restrittivi – alla procedura introdotta dalla legge di Bilancio e ha inserito una disposizione specifica che prevede la restituzione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari o vantaggi economici a carico della finanza pubblica di cui hanno beneficiato gli stabilimenti produttivi oggetto delle cessazioni o ridimensionamenti di attività, puntellando ulteriormente la deterrenza con un ampliamento degli obblighi di pubblicità connessi al bilancio di sostenibilità (si veda l’articolo sotto).
Riportiamo le novità di quest’anno su queste materie, rispettandone l’ordine cronologico.
Le imprese che intendono delocalizzare devono avviare una procedura di consultazione e presentare e discutere (con rappresentanze sindacali, Regioni coinvolte, ministero del Lavoro, ministero dello Sviluppo economico e Anpal) un piano per limitare le ricadute occupazionali ed economiche da chiusura o riduzione di attività.
Il piano deve indicare tra l’altro: le azioni programmate per la salvaguardia dell’occupazione, gli interventi per la gestione non traumatica degli esuberi (per esempio, gli ammortizzatori sociali), la ricollocazione presso altri datori di lavoro, le azioni finalizzate alla rioccupazione o all’autoimpiego, le prospettive di cessione di rami d’azienda, gli eventuali progetti di riconversione del sito produttivo con i relativi tempi di attuazione. Il contenuto del piano è una vera e propria agenda che il datore è tenuto a seguire e rappresenta una delle più significative innovazioni della legge di Bilancio.
La procedura si affianca – e in parte si sovrappone – alla procedura di licenziamento collettivo regolata dalla legge 223/1991, comportando, oltre a un significativo allungamento di tempi, ulteriori e articolati adempimenti a carico delle aziende, con incremento del rischio di contenzioso. La nuova procedura, anche per le ragioni accennate, ha provocato non pochi problemi applicativi sia per le imprese che hanno dovuto adeguarsi alla nuova disciplina, sia per le istituzioni che nella nuova procedura hanno – almeno nelle intenzioni del legislatore – un ruolo di primo piano nella gestione delle crisi aziendali conseguenti alla decisione di chiudere uno stabilimento, una sede o addirittura un ufficio o un reparto autonomo.
In primo luogo, vengono significativamente allungati i termini della procedura, ora apertamente dichiarata «in materia di delocalizzazione».
Viene raddoppiato (da 90 a 180 giorni) il periodo successivo all’avvio della comunicazione di apertura della procedura consultiva, durante il quale eventuali licenziamenti che dovessero essere intimati dal datore di lavoro sono radicalmente nulli. Viene poi quadruplicata (portandola da trenta a centoventi giorni) la durata del periodo nel quale le parti datoriali e sindacali, con le Regioni, i ministeri del Lavoro e dello Sviluppo economico nonchè l’Anpal sono tenuti a discutere il piano sopracitato.
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