Anche nei suoi ultimi atti il governo uscente ha dedicato la massima attenzione alla regolamentazione del mercato del lavoro. Una scelta resa necessaria anche dell’incombente crisi economica, che rischia di mettere a dura prova il tessuto produttivo nazionale e, di conseguenza, l’occupazione. L’esecutivo è così intervenuto sulla materia prima con il decreto Aiuti (D.L. 50/2022) e successivamente con il decreto Aiuti-ter (D.L. 144/2022), che è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 23 settembre, dunque due giorni prima della tornata elettorale che ha rinnovato la composizione del Parlamento.
Nel dettaglio il decreto Aiuti-ter introduce significative novità a beneficio dei lavoratori, da un lato stabilendo nuove e diverse indennità per i dipendenti, lavoratori autonomi e altre categorie di soggetti, in aggiunta a quanto previsto dal decreto Aiuti, dall’altro apportando alcuni correttivi alle norme introdotte dalla legge di Bilancio 2022 in materia di cessazione delle attività produttive di grandi aziende.
“Con la legge di Bilancio è stata introdotta nel nostro sistema giuridico una nuova quanto articolata procedura, destinata alle imprese con almeno 250 lavoratori, avente lo scopo dichiarato di garantire la salvaguardia del tessuto occupazionale e produttivo, in forza della quale i datori di lavoro interessati hanno l’obbligo di avviare una procedura di consultazione e di presentare e discutere con le rappresentanze sindacali, le regioni interessate, il ministero del Lavoro, il ministero dello Sviluppo economico e l’Anpal un piano finalizzato a limitare le ricadute occupazionali ed economiche derivanti dalla chiusura o riduzione di attività – spiega Vittorio De Luca, managing partner dello studio De Luca & Partners – Nello specifico, la disposizione normativa stabilisce che il piano debba prevedere azioni programmate per la salvaguardia dell’occupazione, interventi per la gestione non traumatica degli esuberi (come per esempio gli ammortizzatori sociali), azioni finalizzate alla rioccupazione o all’autoimpiego ed eventuali progetti di riconversione del sito produttivo con i relativi tempi di attuazione”.
Questa procedura ha provocato non pochi problemi applicativi sia per le imprese che hanno dovuto adeguarsi alla nuova normativa, sia per le istituzioni che dovrebbero avere, nelle intenzioni del legislatore, un ruolo di primo piano nella gestione delle crisi aziendali conseguenti alla decisione di chiudere uno stabilimento, una sede o addirittura un ufficio o un reparto autonomo.
“Adesso, con l’entrata in vigore del decreto Aiuti-ter, il governo ha apportato alcuni correttivi, tutti di natura evidentemente restrittiva, ed ha introdotto una disposizione specifica che prevede la restituzione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari o vantaggi economici a carico della finanza pubblica di cui hanno beneficiato gli stabilimenti produttivi oggetto delle cessazioni o ridimensionamenti di attività”, prosegue nella sua analisi De Luca.
Fonte: Affari & Finanza
Il Ministero del Lavoro, con la circolare n. 6/2022, ha fornito alcune indicazioni operative relative all’introduzione delle novità apportate dal Decreto-legge. n. 4 del 27 gennaio 2022 (c.d. Decreto Sostegni ter), per l’accesso ai trattamenti di integrazione salariale da riconoscere ai lavoratori in costanza di rapporto di lavoro.
In ordine alla cassa integrazione per cessazione di attività, il Ministero ha chiarito che le aziende che esauriscono nel 2022 il relativo periodo, possono sottoscrivere un accordo di transizione per accedere a ulteriori 12 mesi di cassa. E, durante tale periodo, l’impresa deve impegnarsi a gestire gli esuberi residui con azioni di politica attiva.
Il Ministero si occupa, altresì, della possibilità introdotta dalla Legge di bilancio 2022, per le aziende che possono accedere alla CIGS, di utilizzare la causale di “riorganizzazione” finalizzata anche a realizzare “processi di transizione”. Ai sensi della normativa, l’impresa deve predisporre un programma che, a seconda delle situazioni, può essere condiviso anche con le Regioni interessate o con il Ministero dello Sviluppo Economico (Mise). In tale programma devono essere illustrati gli investimenti (senza vincoli quantitativi) posti in essere per la realizzazione del processo di transizione, indicando puntualmente le misure specifiche per l’aggiornamento tecnologico e digitale o per il rinnovamento e la sostenibilità ecologica ed energetica o le straordinarie misure di sicurezza.
Sul punto il Ministero ha chiarito che i piani di riorganizzazione aziendale devono essere corredati da interventi articolati per fronteggiare le inefficienze della struttura gestionale o produttiva e azioni dirette a trasformazioni e transizioni aziendali digitali, tecnologiche, ecologiche ed energetiche.
L’accordo di transizione, specifica il Ministero, è rivolto a favorire le transizioni occupazionali ed è, pertanto, destinato prevalentemente a quei lavoratori che, in seguito alle azioni di un programma aziendale di riorganizzazione o risanamento già concluso da parte dell’impresa da cui dipendono, restino non riassorbibili e, quindi, a rischio esubero.
Tuttavia, l’impresa richiedente la misura non deve trovarsi nella condizione di poter accedere a ulteriori periodi di interventi straordinari all’interno del quinquennio mobile non ancora esaurito. Per ottenere il sostegno al reddito l’azienda deve (i) attivare la consultazione sindacale, indicando i lavoratori a rischio esubero cui è rivolta la misura e (ii) definire con la Regione le azioni di formazione e riqualificazione per la rioccupazione e l’autoimpiego dei lavoratori. Il personale interessato dall’accordo accede a un percorso di «ricollocazione collettiva» che sarà oggetto di chiarimento da parte di Anpal.
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Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con la circolare n. 3 del 3 gennaio 2022, ha fornito le prime indicazioni operative in materia di integrazioni salariali in costanza di rapporto di lavoro alla luce delle novità introdotte dalla Legge di Bilancio 2022 (Legge n. 234/2021).
Come evidenziato in più circostanze, gli interventi innovativi previsti dal legislatore sono finalizzati a costruire un modello di welfare più inclusivo, prevedendo l’integrazione tra efficaci politiche attive del lavoro e ammortizzatori sociali orientati al sostegno di politiche industriali mirate.
Le nuove disposizioni, applicate ai trattamenti decorrenti dal 1° gennaio 2022, prevedono quanto segue:
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