Con il messaggio n. 1269 del 3 aprile 2023 l’Inps ha esteso il termine per la presentazione della richiesta di esonero contributivo per i datori di lavoro privati che siano in possesso, alla data del 31 dicembre 2022, della certificazione di parità di genere di cui all’articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198.  

In particolare, il termine di presentazione per la domanda di esonero contributivo dell’1% (inizialmente fissato al 15 febbraio 2023) è stato differito al 30 aprile 2023. 

Con lo stesso messaggio, inoltre, l’Inps annuncia che saranno fornite d’intesa con il Ministero del Lavoro apposite indicazioni per consentire, anche alla luce degli esiti della prima fase applicativa dell’esonero, l’accesso all’agevolazione contributiva ai datori di lavoro che abbiano conseguito la certificazione della parità di genere dopo il 31 dicembre 2022. 

Da ultimo, si segnala che il Ministero del Lavoro con il comunicato stampa del 28 novembre u.s., ha reso noto il decreto ministeriale del 20 ottobre 2022 con il quale sono stati definiti criteri e modalità di concessione dell’esonero contributivo per i datori di lavoro privati che conseguano la certificazione della parità di genere introdotta nel nostro ordinamento dalla Legge n. 162/2021.  

Si tratta di una certificazione volontaria che le aziende più virtuose possono richiedere e il cui ottenimento porta con sé una serie di agevolazioni tra cui: sgravi contributivi in misura non superiore all’1% e nel limite massimo di € 50.000,00 / anno per ciascuna azienda; criteri di vantaggio in caso di gare d’appalto; possibilità di accedere a un punteggio premiale per la valutazione, da parte di autorità titolari di fondi europei nazionali e regionali, di proposte progettuali ai fini della concessione di aiuti di Stato a cofinanziamento degli investimenti sostenuti. 

Le donne conquistano posizione di rilievo all’interno degli studi legali. è quanto emerge dalla consueta inchiesta annuale di Affari Legali sul Pink Power degli studi che accende i riflettori sulle professioniste che nel 2022 si sono messe in evidenza per la loro attività, sulla base delle segnalazioni degli studi stessi.

L’inchiesta mette in evidenza la professionalità e l’operato di Stefania Raviele e Alessandra Zilla. Questo riconoscimento è una conferma della nostra filosofia che, da sempre, condanna ogni tipo di discriminazione basata sul genere. All’interno della nostra struttura il 60% della popolazione aziendale è femminile.

Continua la nostra collaborazione con WomenX Impact con la rinnovata partecipazione di Stefania Raviele ad una nuova master class.

FOCUS

Nella master class Stefania Raviele ha realizzato un’analisi normativa e giurisprudenziale della discriminazione di genere, evidenziandone i rischi e le best practice.

Con il comunicato stampa del 28 novembre u.s., il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha reso noto il decreto ministeriale del 20 ottobre 2022 con il quale vengono definiti criteri e modalità di concessione dell’esonero contributivo per i datori di lavoro privati che conseguano la certificazione della parità di genere introdotta nel nostro ordinamento dalla Legge n. 162/2021.  

Si tratta di una certificazione volontaria che le aziende più virtuose possono richiedere e il cui ottenimento porta con sé una serie di agevolazioni tra cui: sgravi contributivi in misura non superiore all’1% e nel limite massimo di € 50.000,00 / anno per ciascuna azienda; criteri di vantaggio in caso di gare d’appalto; possibilità di accedere a un punteggio premiale per la valutazione, da parte di autorità titolari di fondi europei nazionali e regionali, di proposte progettuali ai fini della concessione di aiuti di Stato a cofinanziamento degli investimenti sostenuti. 

Al fine di ottenere l’esonero contributivo, il decreto stabilisce che le aziende in possesso della certificazione potranno inoltrare, esclusivamente per via telematica, la domanda di esonero all’Inps, secondo le istruzioni che l’istituto provvederà a indicare.  

Tale domanda dovrà indicare una serie di informazioni tra cui (i) i dati identificativi dell’azienda (ii) la retribuzione media mensile e l’aliquota media stimata relative al periodo di validità della certificazione di parità (iii) la dichiarazione sostitutiva, rilasciata ai sensi del d.P.R. n. 445/2000, con cui l’azienda dichiara di essere in possesso della certificazione di parità di genere (iv) il periodo di validità della certificazione.  

L’Inps verificherà le domande sulla base delle informazioni in suo possesso (e di quelle trasmesse dal Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio) e ammetterà l’azienda al beneficio per l’intero periodo di validità della certificazione. 

L’esonero, parametrato su base mensile, sarà fruito dai datori di lavoro mediante riduzione dei contributi previdenziali a loro carico per tutte le mensilità di validità della certificazione, a condizione che la certificazione non venga revocata e non intervengano provvedimenti di sospensione dei benefici contributivi adottati dall’Ispettorato nazionale del lavoro.  

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Parità di genere: le regole che ogni impresa deve conoscere

In Italia vige la legge Golfo-Mosca che impone la presenza del 40% del sesso meno rappresentato all’interno dei board delle società quotate. Ma non solo. Ecco tutto ciò che un’impresa deve sapere per essere in regola quando si parla di parità di genere.

Raviele: “In Italia, come in Europa, il principio della parità di genere trova origini da lontano. La prima fonte si trova nella Costituzione, che all’art. 37 stabilisce il principio della parità di salario a parità di lavoro”

Le aziende pubbliche e private con più di 50 dipendenti sono tenute a redigere un rapporto periodico sulla situazione del personale maschile e femminile da inviare entro il 30 aprile ogni due anni

L’Italia, stando ai dati raccolti da Chiara Torino (partner di Toffoletto De Luca Tamajo intervistata da We Wealth), si posiziona tra i primi sei paesi dell’Unione europea in termini di presenza di donne nei board delle società quotate. Complice l’entrata in vigore nel 2011 della legge Golfo-Mosca, che inizialmente imponeva la presenza del 30% del “sesso meno rappresentato” all’interno dei consigli di amministrazione successivamente innalzata al 40% con la Legge n.160/2019. Quando tuttavia si scendono i gradini della scala gerarchica, i gap tendono ad ampliarsi: dati Istat mostrano come le donne manager rappresentino appena il 27% e quelle che rivestono il ruolo di ceo sfiorano il 3%. Dopo aver pubblicato la mappa europea delle nuove norme sulla parità di genere, scopriamo ora tutto ciò che le imprese italiane dovrebbero sapere per essere in regola. E quali gli incentivi disponibili per le più virtuose.

Rapporto biennale sul personale: chi deve redigerlo

“In Italia, come in Europa, il principio della parità di genere trova origini da lontano”, racconta Stefania Raviele, salary partner di De Luca & Partners. “La prima fonte si trova nella Costituzione che all’art. 37 stabilisce il principio della parità di salario a parità di lavoro. Quando parliamo di parità di genere, facciamo poi ovviamente riferimento al Codice delle pari opportunità che di recente ha subito modifiche dalla legge 162/2021 emanata allo scopo di continuare il percorso verso la parità uomo-donna, obiettivo europeo inserito anche nel Piano nazionale di ripresa e resilienza”. Numerose sono le novità introdotte dalla legge, continua Raviele. Innanzitutto, è intervenuta sull’art. 2 del Codice delle pari opportunità ampliando le fattispecie di discriminazione diretta e indiretta anche a tutela dei candidati in fase di selezione del personale e ampliando anche la nozione di discriminazione facendovi rientrare non solo ogni trattamento ma anche ogni modifica dell’organizzazione delle condizioni e dei tempi di lavoro. Poi, è intervenuta sul rapporto biennale sulla situazione del personale maschile e femminile disciplinato dall’art. 40 del Codice delle pari opportunità, abbassando la soglia dimensionale per l’individuazione delle aziende tenute a redigerlo (vale a dire le aziende pubbliche e private con più di 50 dipendenti, ndr) e dettagliandone maggiormente il contenuto.

Certificazione di genere: gli incentivi per le imprese 

“La grande novità, però, è l’introduzione della certificazione di genere. Si tratta di una certificazione volontaria che le aziende più virtuose possono richiedere e il cui ottenimento porta con sé dei vantaggi: sia diretti, come il riconoscimento di incentivi e sgravi contributivi; sia indiretti, come l’aumento della brand reputation e del benessere organizzativo che si traduce poi in un aumento di produttività”, osserva Raviele. Nel dettaglio, interviene Torino, la certificazione deve essere redatta secondo la prassi di riferimento UNI/PdR 125:2022 del 16 marzo 2022. La “premialità di parità” prevista per le aziende virtuose consiste in un esonero dalla contribuzione nella misura dell’1% con il limite massimo di 50mila euro e un punteggio premiale nella valutazione di eventuali progetti ai fini della concessione di aiuti di stato e affidamento di appalti pubblici. “L’aspetto veramente interessante di questa novità è in realtà il percorso che le aziende sono chiamate a fare per potersi certificare”, dichiara Raviele. “L’obiettivo è quello di arrivare a un cambio di cultura organizzativa, improntata realmente, in ogni singolo processo, a una politica per la parità di genere. Si tratta di una sfida che per ora sta suscitando interesse. Quali saranno gli effetti reali, potremo però valutarli solo nel lungo periodo”.

Legge Golfo-Mosca sulle “quote rosa”: obblighi e sanzioni

“Il nostro Paese ha introdotto inoltre sin dal 2011 l’obbligo delle cosiddette quote rosa nei consigli di amministrazione delle società quotate”, aggiunge Torino. “Ad oggi, dal combinato disposto della legge n. 120/2011 (c.d. Golfo Mosca), del Dpr n. 251/2012 e, da ultimo, della legge n. 160/2019 (Bilancio 2020), è sancito l’obbligo della presenza di almeno due quinti di donne nei consigli di amministrazione delle società quotate e un terzo di donne nei consigli di amministrazione delle società pubbliche”. In caso di mancato adeguamento agli obblighi normativi sono previste (previa diffida) sanzioni pecuniarie e, in caso di perdurante inadempimento, è disposta la decadenza dell’intero organo eletto.

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