Il 6 maggio 2020 sono state pubblicate sul sito dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali (“Autorità” o “Garante”) le nuove FAQ (“Frequently Asked Questions”) contenenti indicazioni sui corretti trattamenti dei dati personali strettamente connessi al diffondersi del nuovo virus Covid-19 (“Coronavirus”), integrate il successivo 14 maggio.

Rilevazione della temperatura

Con specifico riferimento al contesto lavorativo, il Garante fornisce importanti chiarimenti in merito alla possibilità, per il datore di lavoro, di rilevare la temperatura corporea di dipendenti, clienti, fornitori o visitatori occasionali all’ingresso dei locali o delle sedi aziendali, precludendo l’accesso a coloro che manifestano una temperatura superiore ai 37,5°, così come stabilito dalla legge applicabile.

Secondo il Garante l’espressa possibilità di rilevare la temperatura corporea viene prevista dal “Protocollo di sicurezza” (“Protocollo”) condiviso dalle Parti Sociali e dal Governo, sottoscritto lo scorso 14 marzo 2020 ed aggiornato il successivo 24 aprile.

Premesso che la rilevazione della temperatura corporea associata all’identità dell’interessato, costituisce un trattamento di dati personali, l’Autorità chiarisce come il datore di lavoro possa registrare il superamento della soglia stabilita limitatamente alle situazioni in cui sia necessario documentare le ragioni che hanno impedito al dipendente l’accesso al luogo di lavoro.

Non occorre registrare il dato della temperatura corporea di clienti, fornitori o visitatori occasionali poiché, per tali soggetti, non è necessario documentare le ragioni di un eventuale diniego di accesso. Tale chiarimento viene fornito alla luce del “principio di minimizzazione previsto dall’articolo 5, comma 1, lett. c) del Regolamento (UE) 2016/679 (“GDPR”) secondo cui “i dati personali devono essere adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati”.

Test sierologici sul posto di lavoro

Il 14 maggio 2020 l’Autorità ha integrato le FAQ precedentemente condivise per chiarire se il datore di lavoro possa effettuare direttamente dei test sierologici per il Coronavirus ai propri dipendenti.

Nello specifico, si precisa come sia esclusivamente il Medico competente, o altro professionista sanitario, (i) a poter disporre l’effettuazione dei test sierologici sui dipendenti o, comunque, (ii) ad indicare l’adozione di strumenti diagnostici qualora li ritenga utili al fine di contenere la diffusione del virus, prestando, in ogni caso, attenzione alle indicazioni di volta in volta fornite dalle competenti autorità sanitarie anche relativamente all’appropriatezza e all’affidabilità degli strumenti indicati. Tali prescrizioni, si applicano anche alle visite e agli accertamenti posti in essere al fine di valutare la riammissione alle mansioni del lavoratore dopo, ad esempio, una prolungata assenza per malattia.

Ciò, secondo il Garante, lo si desume dall’espresso richiamo del paragrafo 12 del Protocollo (“12-Sorveglianza sanitaria/Medico Competente/RLS”), ove si sottolinea l’importanza della sorveglianza sanitaria. Sorveglianza questa che deve essere disposta non solo nel massimo rispetto delle misure igieniche contenute nelle indicazioni del Ministero della Salute e delle competenti autorità ma anche integrata attraverso l’informazione e la formazione che il Medico competente può fornire ai lavoratori per evitare la diffusione del contagio.

Il Medico competente, nell’ipotesi in cui disponga l’effettuazione di tali test, deve limitarsi a condividere con il datore di lavoro un mero giudizio configurante l’idoneità o la non idoneità del lavoratore interessato.

Il Garante sottolinea che il datore di lavoro

  • non può in alcun modo trattare informazioni inerenti la diagnosi o l’anamnesi familiare del lavoratore che deriverebbero, ad esempio, dalla consultazione dei referti o degli esiti degli esami ai quali quest’ultimo è stato sottoposto
  • può, invece, essere messo nella condizione di conoscere eventuali prescrizioni o limitazioni che il medico competente stabilisce nei confronti di quei lavoratori ritenuti idonei alla mansione ma potenzialmente ad alto rischio di contagio.

Fermo restando quanto sopra esposto, le FAQ in esame precisano la possibilità, da parte dei lavoratori, di aderire alle campagne di screening avviate e promosse dalle competenti autorità sanitarie, anche per il tramite del datore di lavoro che sia stato direttamente coinvolto dal dipartimento di prevenzione locale al fine di promuoverne l’adesione, anche sgravando i propri dipendenti circa eventuali costi economici connessi.

Resta inteso, a parere del Garante, che il Medico competente, il datore di lavoro e il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza, nel cooperare all’adozione di tutte le misure di regolamentazione necessarie al contenimento del diffondersi del Covid-19, devono prestare particolare attenzione alla normativa applicabile, alle indicazioni delle Autorità competenti e al pieno rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali, garantendo l’adozione di metodologie e strumenti idonei ad assicurare la dignità e la riservatezza dei soggetti interessati.

Altri insights correlati: