Con messaggio 18 novembre 2021, n. 4027, pubblicato sul proprio sito istituzionale il successivo 19 novembre, l’INPS ha chiarito che il decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, collegato fiscale alla legge di Bilancio 2022, ha modificato la disciplina delle tutele previste durante l’emergenza sanitaria da Covid-19, tra gli altri, per i lavoratori in quarantena. La norma prevede, infatti, che l’equiparazione a malattia del periodo che il lavoratore del settore privato trascorre in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva viene riconosciuta fino “al 31 dicembre 2021”, a fronte di apposito stanziamento. Tale equiparazione non è stata, ad oggi, rifinanziata per il 2022. Ciò significa che a partire dal 1° gennaio 2022, salvo eventuali e future prescrizioni, i lavoratori del settore privato che non possono rendere la prestazione in modalità agile (perché tale modalità sarebbe incompatibile con le caratteristiche della prestazione attesa) e sono costretti a rispettare un periodo di quarantena per contatto stretto di un caso confermato non avranno diritto all’indennità riconosciuta dall’INPS. Infatti, lo stesso INPS nel suo messaggio ha precisato che “si procederà al riconoscimento della prestazione ai lavoratori privati aventi diritto alla tutela previdenziale della malattia, secondo le consuete modalità, anche per gli eventi verificatisi nel corso del 2021, seguendo un ordine cronologico, come previsto per legge”.
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Il Tribunale di Trento, con ordinanza del 21 gennaio 2021, ha statuito che costituisce giusta causa di licenziamento il comportamento del dipendente che risulti assente dal lavoro per isolamento fiduciario disposto in conseguenza della sua (evitabile) scelta di trascorrere le ferie all’estero. La pronuncia del Tribunale trae origine dall’impugnazione promossa da una lavoratrice licenziata in quanto, a valle di reiterate assenze a vario titolo (ferie, permessi 104, malattia del figlio ecc.) e rientrata da ultimo da un periodo di ferie in Albania, era rimasta assente dal lavoro per 14 giorni per osservare la quarantena obbligatoria per legge. Assenza, questa, che aveva peraltro causato “pesanti problemi organizzativi (…), procurando in tal modo grave nocumento all’azienda”. La lavoratrice impugnava il licenziamento denunciandone la nullità – ritenendola imputabile a motivo ritorsivo e in quanto tale illecito – e, gradatamente, la carenza degli estremi della giusta causa essendo il fatto ben giustificabile dall’osservanza di un obbligo di legge.
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