Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è illegittimo se il datore di lavoro non dimostra di aver offerto al lavoratore posizioni di livello inferiore, anche a tempo determinato.
Il datore di lavoro, infatti, prima di procedere al licenziamento per giustificato motivo oggettivo, deve dimostrare di aver esplorato tutte le possibili soluzioni per ricollocare il lavoratore all’interno dell’azienda.
Ad affermare tale principio è stata la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 18904 del 10 luglio 2024, con ciò rafforzando l’obbligo di repêchage per i datori di lavoro.
La Corte ha quindi concluso che il licenziamento è illegittimo quando esistono, al momento del recesso, delle posizioni di lavoro alternative, ancorché in mansioni inferiori oppure a tempo determinato, e non viene effettuata da parte del datore di lavoro alcuna offerta di lavoro per la ricollocazione in queste mansioni.
La Corte ha ribadito che l’onere della prova in merito all’impossibilità di ricollocamento grava completamente sul datore di lavoro.
Le imprese devono quindi adottare un approccio scrupoloso nella gestione delle risorse umane, documentando ogni tentativo di ricollocazione, al fine di evitare di incorrere nell’illegittimità del licenziamento.
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