Con l’ordinanza n. 23850/2024, pubblicata lo scorso 5 settembre 2024, la Corte di Cassazione ha chiarito che i lavoratori dipendenti che ricoprono anche il ruolo di rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (“RLS”) hanno diritto alle stesse tutele riservate ai sindacalisti. Questo comporta che l’RLS possa utilizzare toni più aspri di quelli “normalmente consentiti” ad un dipendente perché si pone su un piano paritetico con il datore di lavoro. Ciò, ovviamente, trova i suoi limiti nel rispetto della correttezza e della dignità umana che se superati con dichiarazioni denigratorie e non provate giustificano la comminazione di sanzioni disciplinari da parte del datore di lavoro.
Una società datrice di lavoro comminava ad un dipendente con funzioni di responsabile dei lavoratori per la sicurezza una sanzione conservativa pari a dieci giorni di sospensione dall’esercizio delle proprie mansioni ritenendo che le sue affermazioni, apparse su un portale di informazione online e in una dichiarazione riportata su un quotidiano regionale riguardante dati sugli incidenti ai viaggiatori per guasti alle porte e sugli infortuni mortali sul lavoro, fossero state espresse oltre il limite del diritto di critica e di continenza.
Nello specifico, il lavoratore aveva espresso dichiarazioni di solidarietà per il mancato reintegro di un gruppo di operai, qualificando siffatta condotta come una «scorciatoia antidemocratica e antisindacale».
Il dipendente impugnava la sanzione disciplinare che era stata confermata in primo grado e annullata in appello.
La Suprema Corte conferma la decisione d’appello e conclude che una contestazione anche aspra delle attività datoriali, se espressa da un soggetto portatore di interessi collettivi dei lavoratori in contrapposizione a quelli del datore di lavoro, come il RLS nel caso di specie, non può soggiacere a sanzione disciplinare. Si legge, infatti, nella pronuncia che “Ricomprendendo il ruolo di RLS nell’area dei soggetti tutelati come i lavoratori sindacalisti quali portatori di interessi collettivi, la manifestazione di solidarietà ad altri lavoratori con generale valenza politico-sindacale rientra nell’ambito del diritto di critica e del diritto di manifestazione del pensiero costituzionalmente tutelati”.
Tutto questo, ovviamente, deve avvenire sempre nei limiti della correttezza formale e della tutela della persona umana tant’è che “solo ove tali limiti siano superati con l’attribuzione all’impresa datoriale o a suoi dirigenti di qualità apertamente disonorevoli e di riferimenti denigratori non provati, il comportamento del lavoratore può essere legittimamente sanzionato in via disciplinare”.
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