Nella Gazzetta Ufficiale n. 180 del 18 luglio 2020, S.O. n. 25, è stata pubblicata la Legge 17 luglio 2020, n. 77 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (n.d.r. il cosiddetto, Decreto Rilancio”), recante misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19” che tra l’altro è intervenuta integrando il co. 1 dell’art. 90 “Lavoro Agile”, con riferimento al Lavoro Agile nel settore del lavoro privato.

La novella normativa ha previsto che fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, il diritto allo svolgimento delle prestazioni di lavoro in modalità agile è riconosciuto, sulla base delle valutazioni dei medici competenti, anche ai lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio da virus  SARS-CoV-2, in ragione:

  • dell’età o  
  • della condizione di rischio derivante
  • da immunodepressione,
  • da esiti di patologie oncologiche o
  • dallo svolgimento di terapie salvavita o, 
  • comunque, da comorbilità che possono caratterizzare una situazione di maggiore rischiosità accertata dal medico competente, nell’ambito della sorveglianza sanitaria di cui all’art. 83 del presente decreto[1], a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione lavorativa.

Ci si auspicava un intervento chiarificatore in sede di conversione con riferimento alla infelice formulazione del co. 4 del citato art. 90 del Decreto Rilancio a fronte del quale  “Fermo restando quanto previsto dall’articolo 87 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, per i datori di lavoro pubblici, limitatamente al periodo di tempo di cui al comma 1 e  comunque non oltre il 31 dicembre 2020, la modalità di lavoro agile  disciplinata dagli articoli da 18 a 23 della legge 22 maggio 2017, n.  81, può essere applicata dai datori di lavoro privati a ogni rapporto di lavoro subordinato, nel rispetto dei principi dettati dalle menzionate disposizioni, anche in assenza degli accordi individuali ivi previsti”.


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Fonte: versione integrale pubblicata su Guida al lavoro de Il Sole 24 ore.

Nell’ambito di un procedimento d’urgenza, il Tribunale di Mantova, con decreto n. 1054 del 26 giugno 2020, si è espresso per la prima volta in merito alle condizioni necessarie affinché possa ritenersi sussistente, in capo ad un genitore con figlio di età inferiore a 14 anni, il diritto al lavoro agile ai sensi dell’art. 90 del D.L. n. 34/2020 (c.d. “Decreto Rilancio”).

I fatti di causa

Un lavoratore, dipendente di una società di parcheggi, ha promosso un ricorso ex art. 700 c.p.c., chiedendo al Giudice di ordinare al proprio datore di lavoro di consentirgli lo svolgimento della propria prestazione in modalità agile al fine di permettergli di accudire la figlia di età inferiore a 14 anni ed onde evitare pregiudizi per la propria salute.

Nel costituirsi in giudizio, il datore di lavoro deduceva l’incompatibilità delle mansioni assegnate al ricorrente (visite presso i parcheggi per incontrare i referenti tecnici; supporto alla gestione della salute e sicurezza in azienda in qualità di RLS; sopralluoghi finalizzati alla valorizzazione e salvaguardia dei beni aziendali) con il regime di lavoro agile, tenuto conto che lo svolgimento di alcune attività assegnate al dipendente dovevano necessariamente essere espletate in sede.

La decisione del Tribunale

Nel rigettare il ricorso promosso dal dipendente, il Tribunale di Mantova ha preliminarmente rilevato che l’art. 90 del c.d. Decreto Rilancio non riconosce un diritto assoluto allo svolgimento della prestazione in regime di lavoro agile in capo ai genitori con figli di età inferiore a 14 anni.

La norma prevede, infatti, che la condizione necessaria per avvalersi del diritto a svolgere l’attività lavorativa in regime di lavoro agile sia la compatibilità di tale modalità con le caratteristiche proprie delle mansioni affidate al dipendente.

Ebbene, secondo il Giudice tale condizione necessaria non poteva ritenersi sussistente nella fattispecie oggetto del giudizio, essendo emerso che le mansioni assegnate al ricorrente comportassero, “quanto meno in misura rilevante se non prevalente, la necessità della presenza fisica del dipendente”.

Inoltre, nel corso del giudizio emergeva che la moglie del ricorrente svolgesse con regolarità la propria prestazione lavorativa in regime di lavoro agile presso la propria residenza, ove viveva con la figlia ed il marito.

Tale circostanza – anche se di per sé non ostativa all’attribuzione al ricorrente del diritto al lavoro agile – è stata ritenuta dal Giudice come indicativa dell’assenza di un pericolo imminente ed irreparabile per la figlia minorenne.

Inoltre, con la pronuncia in commento il Tribunale ha confermato il principio secondo cui il periculum in mora non può ritenersi sussistente in re ipsa, ma deve fondarsi su elementi concreti.

Ne discende la necessità di allegazioni puntuali che consentano alle parti processuali ed al giudice di operare una verifica finalizzata alla tutela di un pregiudizio concretamente e non teoricamente irrimediabile.

Tale onere di allegazione non è stato ottemperato da parte del ricorrente.

Su tali presupposti, relativi al fumus boni iuris e al periculum in mora, il Tribunale di Mantova ha quindi rigettato il ricorso del dipendente, confermando la correttezza della condotta datoriale.

◊◊◊◊

Il provvedimento di rigetto del Tribunale di Mantova risulta pienamente aderente al dettato dell’art. 90 D.L. 34/2020 secondo cui “fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19, i genitori lavoratori dipendenti del settore privato che hanno almeno un figlio minore di anni 14, a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa o che non vi sia genitore non lavoratore, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile anche in assenza degli accordi individuali […] e a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione”.

Da ciò consegue che, come correttamente statuito dal Giudice, finché perdura l’emergenza, i lavoratori potranno rivendicare il diritto di svolgere le proprie mansioni in modalità di lavoro agile, salvo che sia dimostrata l’oggettiva impossibilità di espletamento di tali mansioni da remoto.

Si tratta, dunque, di una quaestio facti che deve essere valutata caso per caso.

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L’epidemia da COVID-19 e le connesse esigenze volte, da un lato, a limitare la diffusione del virus e, da l’altro, a garantire la continuità operativa aziendale, hanno risvegliato negli ultimi mesi l’interesse per il lavoro agile.

IL LAVORO AGILE “ORDINARIO”

Come noto, il lavoro agile trova la propria fonte normativa “ordinaria” nella Legge n. 81/2017 che ha disciplinato tale articolazione flessibile della prestazione lavorativa in termini di tempo e di luogo, nella prospettiva di un incremento della competitività e di una maggiore possibilità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.

Proprio in questa ottica di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro la legge di bilancio per il 2019 ha posto a carico dei datori di lavoro, che stipulano accordi per lo svolgimento dell’attività lavorativa in modalità agile, l’obbligo di dare priorità alle richieste in tal senso provenienti dalle lavoratrici nei tre anni successivi alla conclusione del congedo di maternità, ovvero ai lavoratori con figli disabili che necessitino di un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale.

I tratti fondamentali di tale modalità flessibile della prestazione consistono, come espressamente previsto dalla citata norma, nella stipulazione di un accordo tra le parti volto a definire l’esecuzione dell’attività lavorativa svolta all’esterno dei locali aziendali, anche con riguardo alle forme di esercizio del potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro e agli strumenti utilizzati dal lavoratore.

Considerate le peculiari modalità di svolgimento della prestazione, l’accordo deve inoltre individuare i tempi di riposo e le misure tecniche ed organizzative necessarie per assicurare il c.d. diritto alla disconnessione del lavoratore.

IL LAVORO AGILE “EMERGENZIALE”

Con l’emergenza sanitaria in corso, il Governo ha dato nuova vita al lavoro agile, adattandolo alle nuove esigenze emergenziali: ciò ha comportato una sostanziale modifica sia delle finalità dell’istituto sia dei requisiti richiesti per la relativa attivazione.

Quanto al primo profilo, è agevole rilevare come la finalità cardine del lavoro agile, che potremmo definire “emergenziale”, sia consistita e tuttora consista nell’arginare la diffusione del virus nonché, specularmente, nell’evitare il blocco dell’attività d’impresa.

Si rammenta, infatti, che già con il D.P.C.M. del 23 febbraio 2020, il Governo ha introdotto le prime misure di contenimento e di gestione dell’emergenza epidemiologica, prevedendo, sia pure limitatamente ad alcuni territori del nord Italia (la cd. zona rossa), un’applicazione del lavoro agile “in via automatica ad ogni rapporto di lavoro subordinato nell’ambito di aree considerate a rischio”.

Con il D.P.C.M. del 4 marzo 2020, tale misura di contenimento del virus è stata successivamente estesa a tutto il territorio nazionale, con l’espressa introduzione di modalità attuative derogatorie rispetto alla disciplina ordinaria per tutta la durata dello stato di emergenza di cui alla deliberazione del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio 2020 (ovverosia fino al 31 luglio 2020).

Il Governo ha, infatti, previsto che il lavoro agile emergenziale possa essere attivato anche in assenza degli accordi individuali e con la possibilità di assolvere agli obblighi di informativa in via telematica ricorrendo alla documentazione resa disponibile dall’INAIL.

Si consideri, altresì, che le parti sociali, con la sottoscrizione del Protocollo del 14 marzo 2020, aggiornato il successivo 24 aprile, hanno ribadito che, ove possibile, il lavoro agile debba essere preferito alle altre modalità di svolgimento della prestazione. Non solo. Le parti sociali hanno precisato, che il lavoro agile deve essere favorito anche nella fase di riattivazione del lavoro, in quanto considerato strumento di prevenzione dal contagio.

Nella fase emergenziale è stata, inoltre, introdotta una serie di diritti e di priorità nell’accesso al lavoro agile in capo a determinate categorie di lavoratori fino al termine dello stato di emergenza.

Basti richiamare a tal proposito l’art. 39 del D.L. Cura Italia (così come convertito dalla L. n. 27 del 24 aprile 2020) che ha espressamente attribuito ai lavoratori dipendenti disabili nelle condizioni di cui all’art. 3, comma 3, della Legge n. 104/92 o che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità il diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile, e ciò a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione.

Si pensi ancora alla priorità nell’accoglimento delle istanze di svolgimento delle prestazioni lavorative in modalità agile, pure garantita dall’articolo sopra citato, a quei lavoratori affetti da gravi e comprovate patologie con ridotta capacità lavorativa.

Da ultimo, il D.L. n. 34 del 19 maggio 2020 (c.d. “Decreto Rilancio”) – oltre a ribadire che la modalità di lavoro agile può essere attuata dai datori di lavoro privati anche in assenza degli accordi individuali – ha riconosciuto, fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID, il diritto al lavoro agile ai genitori con figli di età inferiore a 14 anni. Ciò a condizione che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito in caso di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa o che non vi sia genitore non lavoratore.

Continua qui a leggere la versione integrale dell’articolo.

Fonte: Agendadigitale.eu

Vittorio De Luca ha partecipato in diretta streaming sul sito e sugli account social del gruppo Il Sole 24 Ore, alla rubrica “Il Sole Risponde” condotta da Marco lo Conte, per affrontare la tematica dello smart working in tempi di Coronavirus. Durante la diretta, sono stati analizzati il quadro normativo, le novità introdotte, i benefici e limiti evidenziati in emergenza, le opportunità e le sfide di un cambio di paradigma nel post emergenza.

Qui la registrazione dell’intervista.

De Luca & Partners, per lo speciale di Guida al Lavoro, illustra la disciplina dello smart working o lavoro agile,

  1. ripercorrendo la disciplina dettata dalla L. n. 81/17 nel dettaglio esaminando tra l’altro
  • il diritto alla disconnessione,
  • i requisiti dell’accordo individuale richiesto dalla normativa in esame,
  • il potere di controllo e disciplinare del datore di lavoro,
  • i profili relativi alla salute e sicurezza,
  • gli inerenti profili privacy di interesse
  1. e illustrando l’attuale forma semplificata adottata ai tempi del COVID19
  • con la descrizione di cosa si intende per smart working semplificato,
  • con l’indicazione delle categorie a cui è riconosciuto il diritto o la preferenza all’attivazione smart working.

Lo speciale di Guida al Lavoro offre oltre ad una ricognizione della normative e giurisprudenza sullo smart working anche un interessante spunto di riflessione sui temi critici legati allo smart  working, modalità di lavoro che sarà sempre più diffusa nei prossimi mesi nonchè un formulario estratto dalle banche dati de IlSole24Ore.

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