L’avvocato spiega che i temi ambientali, sociali e di governance sono centrali nelle politiche di sostenibilità dello studio e che ogni iniziativa è ispirata al rispetto delle politiche Esg. Il legale aggiunge che il panorama delle aziende che chiedono assistenza su queste tematiche è molto vario e non c’è un settore di prevalenza.

Stiamo assistendo a un iniziale cambio di cultura organizzativa, di paradigma, che va ben oltre il mero scambio prestazione lavorativa/retribuzione: il futuro sta andando nella direzione di una crescente attenzione al benessere delle persone in azienda, dall’uso di un linguaggio inclusivo alla valorizzazione delle diversità. Lo racconta Vittorio De Luca, Founding Partner di De Luca & Partners, protagonista in questa quarta intervista della nuova serie che ETicaNews dedica all’esplorazione dell’identità Esg delle law firm. L’avvocato spiega che «non c’è stato un momento preciso in cui temi Esg sono entrati a far parte dello studio», quanto piuttosto «un momento in cui si è iniziato a parlarne e a comunicarlo». Il legale aggiunge che «le attività Esg non sono un’area specifica, ma un modus operandi per affrontare le criticità, le esigenze e le tematiche proposte da nostri clienti». Il partner chiarisce che all’interno dello studio «c’è una funzione preposta alla sostenibilità, disciplinata da un Regolamento di governance»: «i Responsabili Esg hanno un ruolo propositivo e istruttorio e concorrono ad assicurare un miglior presidio dei rischi connessi a questa tematica». De Luca precisa che la principale area di intervento legata ai temi Esg è la Sostenibilità Sociale dell’impresa: «I servizi più richiesti dai clienti sono tutti attinenti al wellbeing aziendale. Le politiche di lavoro agile sono certamente tra le più richieste, ma anche i piani di welfare e le politiche remunerative». Infine, il Founding Partner sottolinea che negli ultimi anni lo studio «ha concentrato le energie sul miglioramento del clima aziendale e alla fine del 2023 ha avviato un’analisi per sondare e comprendere i risultati raggiunti e individuare gli eventuali spunti di miglioramento», ottenendo la certificazione “Great Place to Work”

Quando i temi Esg hanno iniziato a entrare nella vostra attività? E perché?

Non c’è stato un momento preciso in cui temi importanti come quelli Esg sono entrati a far parte della nostra attività. Piuttosto, c’è stato un momento in cui si è iniziato a parlarne e a comunicarlo. Da sempre, De Luca & Partners crede nella condivisione dei valori a lungo termine e con un progetto ecosostenibile si impegna a sensibilizzare i dipendenti e i collaboratori verso tematiche ambientali, nonché a mantenere un’attività sostenibile. In particolare, lo studio ha scelto di adottare comportamenti ecologici responsabili all’interno del proprio ambiente lavorativo, migliorando così non solo le condizioni ambientali, ma aumentando anche la produttività, riducendo gli sprechi, nonché le spese. In estrema sintesi, De Luca & Partners promuove una serie di accorgimenti affinché tutto il team possa adottare una sana politica di sostenibilità ambientale. Ma l’aspetto ambientale non è l’unico. I temi Sociale e di Governance sono centrali nelle politiche di sostenibilità dello studio. Infatti, la sostenibilità di De Luca & Partners si declina in particolare:

  • attraverso il rispetto delle diversità, prestando particolare attenzione affinché vi sia pieno rispetto della fede religiosa, dell’orientamento sessuale e delle origini etniche dei dipendenti e dei collaboratori;
  • attraverso la promozione delle pari opportunità, creando le condizioni necessarie per la valorizzazione delle donne nel lavoro;
  • con un profondo impegno sociale, partecipando attivamente a iniziative di solidarietà e beneficenza annualmente.

Quanto pesa oggi l’attività Esg in termini di fatturato rispetto al totale? Qual è stato il trend nel tempo? Quanto stimate che peserà in prospettiva?

È difficile parlare di fatturato relativamente alla nostra attività in materia di Esg. Infatti, per la nostra realtà le attività Esg non sono un’area specifica, piuttosto un modus operandi che adottiamo per affrontare le criticità, le esigenze e le tematiche che ci vengono proposte da nostri clienti.

Quanti avvocati/partner svolgono attività in ambito Esg?

Siamo tutti coinvolti a vario titolo in ambito Esg. Naturalmente, c’è una funzione preposta, disciplinata da un Regolamento di governance che ne stabilisce composizione, compiti, responsabilità e poteri. In particolare, i nostri Responsabili Esg hanno un ruolo propositivo e istruttorio e concorrono ad assicurare un miglior presidio dei rischi connessi a questa tematica. C’è poi una funzione di controllo che si occupa dell’approvazione finale delle iniziative, dei budget di spesa e dei resoconti annuali. Ma l’impegno sulla sostenibilità va oltre la burocrazia. Ogni iniziativa è ispirata al rispetto delle politiche Esg. Anche nell’organizzazione degli eventi, siano essi rivolti esclusivamente all’interno dell’organizzazione che estesi anche a partecipanti esterni, vengono sempre prese in grande considerazione le tematiche Esg, attraverso la scelta della tipologia di attività, della location, degli eventuali gadget: tutto viene fatto nel rispetto delle regole di sostenibilità che ci siamo dati.

Quali servizi legati agli Esg offrite? Quali sono le practice più coinvolte? Avete creato una practice/team dedicata agli Esg?

Il focus principale su cui interveniamo è ovviamente la Sostenibilità Sociale dell’impresa. In particolare, forniamo supporto ai clienti nella fase di progettazione e implementazione di piani di welfare aziendali, adatti alle specifiche esigenze. I piani di welfare, se ben strutturati, consentono infatti a una azienda (sia essa di piccole, medie e grandi dimensioni) di far crescere la propria produttività e la partecipazione dei dipendenti. Attraverso i piani di welfare possono, nello specifico, essere riconosciuti ai dipendenti elementi remunerativi complementari alla retribuzione cosiddetta “economica”, quali beni o servizi assoggettati a regimi di imposizione retributiva e fiscale vantaggiosi, sia per il datore di lavoro sia per il dipendente. Un ulteriore aspetto su cui veniamo spesso coinvolti sono le politiche di lavoro agile che garantiscono un miglior benessere dei dipendenti, la possibilità degli stessi di conciliare i tempi di vita con i tempi di lavoro e una maggiore sostenibilità per l’ambiente, in termini di riduzione di traffico e inquinamento, dati i minori spostamenti per raggiungere il luogo di lavoro. Affianchiamo anche i clienti in percorsi di certificazione, nella stesura di policy e regolamenti che siano ispirati a principi di uguaglianza e pari opportunità, nella definizione di sistemi di remunerazione (anch’essi sostenibili) strutturati secondo principi di equità, pari opportunità e meritocrazia. Abbiamo un dipartimento Compliance dedicato a questi aspetti che con il resto della struttura ha un continuo interscambio. Riteniamo che l’approccio multidisciplinare su questo aspetto sia fondamentale perché consente di fornire al cliente un supporto che va oltre la mera consulenza.

Quali sono i servizi legati agli Esg più richiesti dai vostri clienti? Quali pensate che saranno in futuro?

I servizi più richiesti dai nostri clienti sono tutti attinenti al wellbeing aziendale. Le politiche di lavoro agile sono certamente tra le più richieste, ma anche i piani di welfare e le politiche remunerative sono temi su cui di frequente è richiesto il nostro intervento. Oggi stiamo assistendo a un iniziale cambio di cultura organizzativa e crediamo che il futuro stia andando in questa direzione. Notiamo una crescente attenzione al benessere delle persone in azienda, dall’uso di un linguaggio inclusivo alla valorizzazione delle diversità. Lentamente, assistiamo quasi a un cambio di paradigma che va ben oltre il mero scambio prestazione lavorativa/retribuzione. La centralità delle risorse umane, a tendere, sarà sempre più il focus su cui saranno chiamate a investire le aziende.

Avete un focus su una particolare industry? Quali sono secondo voi le industry con maggiori potenzialità?

Il panorama delle aziende che ci chiedono assistenza su queste tematiche è molto vario e non c’è, a dire il vero, un settore di prevalenza rispetto ad altri. Anche nel settore metalmeccanico, oggi ancora caratterizzato da una forza lavoro a prevalenza maschile, abbiamo aziende con una grande attenzione ai temi sociali, anche in termini di pari opportunità, ma non solo. Ogni azienda naturalmente è diversa, con caratteristiche proprie ed esigenze specifiche e diverse. Le tematiche Esg sono però in realtà trasversali perché se è vero che oggi come oggi c’è grande attenzione al gender gap, è anche vero che il rischio di generare disparità e discriminazioni non riguarda solo le pari opportunità, ma una moltitudine di ambiti molto vasta. Abbiamo infatti clienti in cui è pregnante la differenza culturale, altri in cui prevale quella generazionale, altri ancora in cui quella etnica è la prevalente. In questo contesto, il nostro ruolo evolve a “business partner” dell’azienda che attraverso il coordinamento con la Direzione Risorse Umane, di concerto con i manager della Sostenibilità, collabora in una relazione sinergica tesa a prevenire ogni possibile problematica aziendale con i lavoratori, intesi come una delle principali categorie di stakeholder.

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La nuova direttiva europea sulla due diligence in materia di sostenibilità aziendale stabilisce l’obbligo per le imprese di mitigare il loro impatto negativo sui diritti umani e sull’ambiente attraverso le loro attività, quelle delle loro filiazioni e quelle svolte dai loro partner commerciali.

L’Unione Europea sta da tempo lavorando all’elaborazione di politiche di sostenibilità aziendale con l’obiettivo di sensibilizzare e rafforzare la tutela dell’ambiente e dei diritti umani. A far data dallo scorso 5 gennaio 2024, ad esempio, con un sistema di applicazione temporale progressivo, alle società aventi obbligo di rendicontazione non finanziaria, alle grandi aziende, alle piccole e medie imprese quotate ed alle filiali di imprese extra UE è richiesto di pubblicare informazioni dettagliate sull’impatto che l’attività che svolgono può avere sulla società e sull’economia, presentando la propria rendicontazione societaria di sostenibilità e riferendo in merito alle questioni ambientali, i diritti umani, le misure anticorruzione e le  questioni relative alla diversità.

In questo scenario europeo, si inserisce la proposta di “Direttiva relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità” alla quale stanno lavorando il Consiglio ed il Parlamento europei. Il 14 dicembre 2023, le due istituzioni hanno raggiunto un accordo provvisorio sul testo della nuova normativa che è attualmente soggetto ad approvazione finale. 

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Raggiunto un accordo provvisorio, occorrerà ora aspettare che il testo sia vagliato dalla Commissione Affari Legali e approvato dal Parlamento in seduta plenaria e dal Consiglio Europeo.

Il 14 dicembre 2023, il Consiglio Europeo e il Parlamento hanno raggiunto un accordo provvisorio sul testo della “ Corporate sustainability due diligence directive ”, avente ad oggetto la promozione di comportamenti, da parte di società ed enti che impieghino capitale umano e processi produttivi, sostenibili e responsabili, rispettosi dei diritti umani e dell’ambiente. Per il completamento dell’iter promulgativo, occorrerà aspettare che il testo sia vagliato dalla Commissione Affari Legali, approvato dal Parlamento in seduta plenaria e dal Consiglio Europeo.

Saranno soggette all’applicazione della Direttiva tre gruppi di imprese:

  • (i) imprese dell’UE con più di 500 dipendenti e un fatturato netto mondiale superiore a 150 milioni di euro nell’ultimo esercizio;
  • (ii) imprese dell’UE con più di 250 dipendenti e un fatturato globale superiore a 40 milioni di euro, a condizione che almeno il 50% di tale fatturato sia stato generato in un settore ad “ alto impatto ” (come ad esempio, produzione tessile, l’esercizio di varie attività agricole e l’estrazione di risorse minerarie);
  • (iii) imprese di paesi terzi che abbiano generato un fatturato netto superiore a 150 milioni di euro nell’UE nell’ultimo esercizio finanziario oppure che realizzano un fatturato netto superiore a 40 milioni di euro nell’UE, a condizione che almeno il 50% del fatturato netto sia stato realizzato in un paese dell’UE.

Le imprese interessate dovranno adottare dei meccanismi per individuare gli impatti negativi attuali o potenziali delle proprie attività sui diritti umani e sull’ambiente. All’uopo dovranno predisporre adeguati sistemi e misure di governance, nonché modelli di analisi (due diligence) circa gli impatti prodotti dallo svolgimento delle proprie attività (dai propri prodotti e servizi), dalle loro filiazioni e rapporti d’affari, anche collegati alla catena di valore cui le società partecipano.

Pertanto, le imprese soggette ai predetti obblighi potranno vedersi costrette ad apportare modifiche o integrazioni alle policy già in applicazione o addirittura a predisporne di nuove per adeguarsi agli obblighi della normativa in commento.

Sarà quindi necessario dotarsi di meccanismi di verifica circa i partner industriali e commerciali. In particolare, dovranno essere analizzate le politiche delle entità giuridiche per il cui tramite è esercitata l’attività di impresa, degli appaltatori o subappaltatori o di qualsiasi altro soggetto giuridico con cui siano stati conclusi accordi commerciali o finanziamentiassicurazioni o riassicurazioni o che comunque svolgano attività commerciali connesse ai prodotti o ai servizi offerti.

La procedura di verifica dovrà necessariamente essere preceduta dalla raccolta delle informazioni ritenute significative per valutare il rispetto dei diritti umani e la corretta applicazione delle norme di legge anche con riguardo al lavoro coatto, lavoro minorile, condizioni di igiene e sicurezza sul lavoro e sfruttamento dei lavoratori . Tale verifica potrà essere attuata anche mediante l’implementazione di processi di consultazione con gruppi di lavoratori appartenenti all’azienda (destinataria diretta della normativa) nonché delle altre società appartenenti alle filiazioni e all’intera catena di valore.

Le società dovranno quindi definire procedure di catalogazione e di descrizione degli impatti negativi riscontranti dalle analisi di due diligence , associando la predisposizione di precisi codici di condotta che contemplino anche i necessari meccanismi di protezione disciplinare.

La normativa richiede inoltre che gli Stati membri provvedano “a che ciascuna società adotti misure adeguate (…) per prevenire i potenziali impatti negativi sui diritti umani e impatti ambientali negativi che sono stati o avrebbero dovuto essere individuati (…) o, qualora la prevenzione non sia possibile o non lo sia immediatamente, per attutirli sufficientemente” (Articolo 7, paragrafo 1 della Direttiva, proposta del febbraio 2022).

In particolare, se la natura o la complessità delle necessarie misure di prevenzione lo esige, le società interessate dovranno predisporre e attuare un “ piano operativo di prevenzione ” che preveda scadenze ragionevoli e precise per gli interventi, nonché indicatori qualitativi e quantitativi per misurare i progressi (Articolo 7, paragrafo 2 della Direttiva, proposta del febbraio 2022).

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